Arbitrare, che passione: Stefano Pigatto
Prima di diventare arbitro gioca a calcio con la squadra del suo paese (San Quirino (Pn), per poi passare agli amatori. Queste esperienze lo arricchiscono, lo aiutano a comprendere alcuni valori che poi trasferisce sulla sua vita privata, capisce le difficoltà che possono esserci anche verso di chi cerca di dirigere una gara. Col tempo quel ruolo lo intriga, lo incuriosisce e Stefano Pigatto abbraccia la nuova avventura: diventare arbitro amatoriale. Una scelta non facile, ma consapevole. D’altronde il calcio, sia giocato che guardato, è la sua passione e viverlo guardandolo da un’altra prospettiva è un modo per crescere, per misurarsi in un ruolo complesso e stimolante. Stefano, caratterialmente molto riservato, è un generoso, preciso ed equilibrato, caratteristiche che si sposano perfettamente col ruolo di giudice di campo. Un ruolo che può dargli soddisfazioni, un momento ludico che lo rilassa, ma anche una sorta di valvola di sfogo per una persona che, installando impianti fotovoltaici, lavora tutto il giorno all’aperto. Situazione, magari faticosa, che gli piace e lo rende libero di muoversi tra difficoltà e imprevisti. Come su un campo di calcio dove, dopo aver accumulato durante il giorno energia dal sole, la scarica con delle prestazioni arbitrali molto spesso apprezzate dalle squadre.
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Arbitrare, che passione: Agostino Palumbo
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Angelo Ponticelli, una sorta di Batman a difesa della porta del Tecnospine
Angelo Ponticelli inizia a giocare a 6 anni. Il ruolo è già scritto nel suo destino sportivo, il portiere. La…
Arbitrare, che passione: Paolo Sgrazzutti
La famiglia è un suo dogma, lo sport la sua passione. Questo in sintesi Paolo Sgrazzutti, da poco in pensione dopo aver lavorato per 42 anni in una ditta che produce manufatti in cemento. Anni di lavoro nei cantieri gli hanno insegnato come il sacrificio e l’abnegazione possano essere dei valori da trasmettere, come i risultati si possano ottenere solo con l’impegno e la dedizione. Ora che è dirigente sia di una squadra di amatori che di una formazione di pallavolo, il Talmassons che gioca in A2, cerca di trasmettere questi valori, cercando di far capire che il successo non arriva per caso ma è frutto di una programmazione, di un percorso che molte volte presenta degli ostacoli. E’ consapevole che spesso bisogna usare il buon senso, avere una grande forza morale e talvolta spirito d’iniziativa. Come quando decide di passare dal calcio giocato all’arbitraggio. Situazione che lo ha coinvolto su più fronti visto che, oltre fare l’arbitro con la Lcfc, dirige anche gare giovanili di pallavolo. Paolo è una persona che ha tanta voglia d’impegnarsi, di vivere le amicizie, di dedicarsi al volontariato. Un uomo con tanta energia, convinto delle sue idee e che nello sport pare avere trovato una dimensione che lo valorizza e lo fa stare bene con se stesso.
Karim Ennejeh: Milan Club, tante nazioni ma una famiglia unica
Nasce nella splendida isola tunisina di Djerba, dove il sole incontra il mare e il calcio è un punto di…
Arbitrare, che passione: Roberto Collavizza
Laureato in economia e commercio, Roberto Collavizza ha focalizzato da subito i suoi obiettivi, sia in campo sportivo che lavorativo. E’ un grande appassionato di sport, in particolare di basket e calcio, discipline che ha praticato da giovane. Ma c’era qualcosa che lo affascinava anche nel mondo arbitrale: prendersi delle responsabilità, cercare di capire quel mondo dove devi prendere decisioni in una frazione di secondo, magari poi difendendole da coloro che non le condividono, sarebbe potuto diventare anche una palestra di vita. A 19 anni diventa arbitro di basket e da quel momento le sue prestazioni sul campo lo valorizzato tanto da portarlo ad arbitrare partite di serie A femminile e di serie B maschile. Finita la carriera arbitrale con il basket, Roberto torna a giocare a calcio. Lo fa nei campionati della Lcfc dove, dopo qualche anno, riscopre il piacere di arbitrare. Una passione che non diminuisce e che da 15 anni continua ad essere alimentata dalla sua sempreverde voglia di mettersi in gioco. Ma le situazioni di campo, il dover assumere decisioni anche impopolari, lo hanno fatto crescere come persona e, probabilmente, lo hanno aiutato nel suo lavoro dove, grazie anche a una visione d’insieme, alla sua competenza ed a un carattere deciso, ha avuto una crescita esponenziale in un azienda di telecomunicazioni, contesto in cui ha centrato parecchi traguardi: a 35 anni è stato nominato dirigente, poi Direttore Territoriale e per 2 anni Direttore a livello Italia. Una persona che sa coordinare le risorse, valutare con attenzione le criticità per poi cercare di tradurre i problemi in opportunità, è anche un valore aggiunto per la sua famiglia, nucleo che per lui è un vero punto di riferimento.
Agostino de Candido, temperamento e passione
Un uomo che vive di grandi emozioni, passioni che lo catturano, lo portano ad essere, a seconda del momento, tante facce della stessa medaglia. Lui si definisce una persona forse un po difficile da interpretare, introversa ma capace di gettarsi a 360 gradi in un progetto a cui crede. La sua squadra, gli Atti Impuri, invece, lo vede come un condottiero, caparbio, a volte irascibile, ma in fondo un passionario, uno su cui si può e si deve dare credito. Stiamo parlando di Agostino De Candido, calcisticamente cresciuto nel settore giovanile del Sedegliano, società in cui, a 17 anni, ha esordito in prima squadra da difensore centrale. Forse non aveva aveva piedi di velluto ma tanta grinta e caparbietà, caratteristiche che lo aiutavano sempre a fare buone prestazioni. Una sorta di mastino che, con cattiveria agonistica, come si chiedeva al ruolo, si incollava all’avversario usando all’occorrenza anche le maniere forti. Due infortuni e impegni lavorativi ne bloccano la presenza dentro il rettangolo di gioco, ma la sua nomea di trascinatore non sfugge alla squadra amatoriale del paese che lo contatta per dargli la guida tecnica. All’inizio, in lui, impera lo scetticismo. Entrare in un mondo che conosce poco gli porta dubbi e incertezze, ma poi si rende conto che il progetto lo ispira e che è un modo per rimettersi in gioco. Accetta l’incarico. La scelta è quella giusta visto che, quest’anno, sono 25 anni che guida gli Atti Impuri.
Arbitrare, che passione: Lorenzo Bertin
Niente è complicato, se ci cammini dentro. Il bosco visto dall’alto è una macchia impenetrabile, ma tu puoi conoscerlo albero per albero. La testa di un uomo è incomprensibile, finché non ti fermi ad ascoltarlo (cit. di Stefano Benni). E il cammino è uno degli hobby di Lorenzo Bertin che, tra i boschi, respira aria di libertà, si rigenera dalle fatiche quotidiane e, forse, grazie al silenzio che aleggia tra le piante, medita anche su come affrontare al meglio le proprie sfide calcistiche. Il bosco per lui è una metafora della vita perché entrare in una selva rappresenta una sfida contro l’ignoto e il percorso che intraprende la voglia di superare ogni ostacolo per uscirne felice. Un pò come quando scendi in campo e dirigi due squadre che non conosci e al triplice fischio sei soddisfatto per aver prodotto una buona direzione. Anche l’ascolto è una parte importante della vita di Lorenzo che, ora che è in pensione, è diventato responsabile della sezione di Cordenons, della F.N.P (federazione nazionale pensionati), una struttura che si occupa di dare risposte ai cittadini su pratiche del patronato o dei Caf. Una persona che dal suo vecchio lavoro, l’agente di commercio, ha imparato a relazionarsi con le persone, a capirne le aspettative, situazioni che ora trasla anche sull’arbitraggio dove, di base, cerca di partire col dialogo cercando un empatia che possa agevolare il compito di una direzione.
Stefano Minini: Villaorba, un gruppo che può crescere molto
La voglia di mettersi in gioco non l’ha persa, anche dopo aver rinunciato a giocare. Ogni anno, tra se, diceva di voler ritentare l’avventura come giocatore, ma al momento di prenotare la visita medica gli tornava in mente sempre l’infortunio al ginocchio. Un ricordo che gli crea ancora sofferenza e che lo riporta a quel periodo in cui era stato bloccato, non solo nello sport, ma anche nel suo lavoro di artigiano. Lavoro da cui ha imparato la dedizione, la professionalità, la responsabilità, ma soprattutto la capacità di reagire anche nei momenti difficili. E per questo non ha mai mollato. Nemmeno la squadra dove è entrato, dalla sua fondazione, da giocatore, il Villaorba. Stiamo parlando di Stefano Minini, che, lasciato il ruolo di giocatore, si è calato in quello dirigenziale divenendone il presidente. Confessa però che quando faceva il presidente-guardialinee (ruolo ricoperto per alcuni anni) si sentiva fuori luogo: essere lì a bordo campo con una bandierina in mano e non poter entrare e dare il suo contributo, lo logorava. Voleva provare a dare un suo contributo in termini di idee ed esperienza, cercare di essere parte attiva, di sentirsi coinvolto in maniera più diretta in un progetto. Ecco allora che il dopo covid gli genera una opportunità: prendere in mano la guida tecnica. Sa che il compito non è facile ma, anche grazie alla collaborazione di dirigenti e atleti, sta provando a portare il Villaorba a raggiungere traguardi mai raggiunti. Finora i risultati gli stanno dando ragione.
Arbitrare, che passione: Gerardo De Leonardis
I suoi hobby (pesca, ciclismo, libri, filatelia) gli hanno insegnato che per coltivare qualcosa bisogna avere pazienza e che i…
Malcom Tommasini, una cintura nera tra gli amatori
E’ un creativo, uno a cui piace sperimentare sia sul lavoro che tra le sue passioni. Malcom Tommasini, grafico pubblicitario, sa che la vita deve essere semplice e allo stesso tempo creativa, che la mente va sempre allenata per produrre idee che non siano frutto di stereotipi. Anche nello sport. Idee che ha sempre coltivato fin dalla tenera età e ha messo in pratica nello sport: all’età di 5 anni conosce il calcio, una disciplina la cui essenza, considerato che al tempo non c’erano competizioni ma solo allenamenti, non lo stimolava particolarmente tanto di decidere di partecipare, contemporaneamente, a una disciplina che poi lo forgerà sia da un punto di vista fisico che umano, il karate.
Arbitrare, che passione: Alessandro Radivo
Triestino, 46 anni, da 12 residente a Udine. E’ una persona che, grazie al suo lavoro (il macchinista ferroviario), ha l’opportunità di visitare e conoscere spesso mete nuove e, forse in quel contesto, si è appassionato ai viaggi. Esplorazioni che continua a fare nel tempo libero coniugando la sua passione per il moto touring alla voglia di scoprire luoghi e persone. “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” scriveva Marcel Proust, frase che potrebbe calzare a pennello per Alessandro Radivo, capace di emozionarsi indifferentemente davanti alla torre Eiffel o a un panorama che richiama la bellezza della natura. Il suo carattere espansivo, a volte teatrale, lo porta a vivere la vita inserendosi negli ambiti sociali con una certa disinvoltura, a mettersi in mostra, a gestire gli eventi con polso. Come in campo arbitrale in cui Alessandro dimostra personalità e, anche se può sembrare eccentrico nei modi, e’ sempre pronto a rimettersi in gioco. Per lui ogni partita è un viaggio dove puoi incontrare difficoltà e imprevisti ma che alla fine ti lascia esperienze dalle quali puoi imparare qualcosa per il futuro.
Daniele Petri: nazionale di freccette, portiere d’inverno e giocatore di movimento d’estate
Ci sono persone poliedriche che non si focalizzano su una sola meta e che riescono distinguersi in molti aspetti della vita. Umiltà, forza d’animo, organizzazione, passione, alcune caratteristiche che le contraddistinguono. Sono persone che sanno come gestire il proprio tempo in funzione di un obiettivo e a cui piace vivere di emozioni. Brividi emotivi che offrono una sorta di scossa capace di alimentare in loro una notevole spinta per conoscere nuove mete, scoprire sensazioni e mettersi continuamente in gioco.
Arbitrare, che passione: Fiorello Truant
L’adrenalina che può dare un viaggio in moto è forse la molla che spinge a scoprire nuove mete, a respirare…
Mauro Missio: presidente per dovere, allenatore per passione
Mauro Missio è un grande sostenitore del calcio amatoriale. Quasi un pioniere, uno che ha subito creduto che il calcio…
Arbitrare, che passione: Maurizio De Colle
E’ un uomo dedito al sacrificio. Già da quando lavorava come autista ed era costretto al alzarsi alle 2 del…
Jody Arturo Fantin, un fantasista al servizio del Valmeduna
Il suo idolo è Messi, il lavoro e la famiglia (sposato con Ilaria e papà di due bambine) lo hanno reso un uomo attento e pronto al sacrificio. Anche sul campo di calcio dove, oltre alla sua passione, mette in evidenza ottime caratteristiche tecniche. Tra gli amatori, dove spesso non ci sono canovacci tattici particolari, per essere incisivo ci vogliono doti come buona tecnica individuale, velocità, rapidità nei movimenti, posizione e, naturalmente, fiuto del gol. Ma, considerando che la mancanza di reti può provocare una sorta di nervosismo personale che poi influisce sul rendimento, bisogna avere anche una notevole forza mentale per sopperire a quei momenti dove si fatica a realizzare. Pregi che sembrano appartenere a Jody Arturo Fantin, “bomberone” del Valmeduna x Leg, capace di realizzare 136 gol in 140 presenze. Una media che fa di Jody uno tra gli attaccanti più forti di tutto il Friuli Collinare e che garantisce alla sua squadra una bella dote in termini realizzativi.
Arbitrare, che passione: Franco Conzutti
Spesso la percezione che si ha di una persona ne condiziona i rapporti, può dare un idea sbagliata di quello che realmente è. L’apparenza non sempre corrisponde alla realtà e il giudizio su di essa è costruito secondo dei pregiudizi, delle forme mentali che noi abbiamo assimilato negli anni. Anche quando vediamo arrivare un direttore di gara. Magari ci sembra burbero, autoritario mentre in realtà è solo una maschera che il ruolo impone.
Ivo Piasentier: calcio a 7, soluzione ottimale per i Fusilli Criniti
E’ un consulente in ambito industriale, persona che identifica eventuali problemi, proponendo delle soluzioni atte a ottimizzare rendimento ed efficienza delle aziende. Quando però arriva nella sua squadra si toglie il vestito di “consigliere” e indossa quello di dirigente perchè – come lui afferma – siamo un gruppo talmente anarchico e sregolato che se provassi a dargli un impronta professionale mi manderebbero a quel paese… Stiamo parlando di Ivo Piasentier, giocatore che ha calcato per tantissimi anni i palcoscenici amatoriali della Lcfc ma che oggi è costretto al palo per qualche acciacco fisico di troppo. Problemi che lo hanno indotto ad appendere le scarpe al chiodo, ma non ad abbandonare i campi di gioco, ora frequentati come dirigente. La passione, la voglia di stare con gli amici di un tempo, sono delle spinte emotive che non si sopiscono, soprattutto se il gruppo è coeso anche fuori dal rettangolo verde.