La voglia di mettersi in gioco non l’ha persa, anche dopo aver rinunciato a giocare. Ogni anno, tra se, diceva di voler ritentare l’avventura come giocatore, ma al momento di prenotare la visita medica gli tornava in mente sempre l’infortunio al ginocchio. Un ricordo che gli crea ancora sofferenza e che lo riporta a quel periodo in cui era stato bloccato, non solo nello sport, ma anche nel suo lavoro di artigiano. Lavoro da cui ha imparato la dedizione, la professionalità, la responsabilità, ma soprattutto la capacità di reagire anche nei momenti difficili. E per questo non ha mai mollato. Nemmeno la squadra dove è entrato, dalla sua fondazione, da giocatore, il Villaorba. Stiamo parlando di Stefano Minini, che, lasciato il ruolo di giocatore, si è calato in quello dirigenziale divenendone il presidente. Confessa però che quando faceva il presidente-guardialinee (ruolo ricoperto per alcuni anni) si sentiva fuori luogo: essere lì a bordo campo con una bandierina in mano e non poter entrare e dare il suo contributo, lo logorava. Voleva provare a dare un suo contributo in termini di idee ed esperienza, cercare di essere parte attiva, di sentirsi coinvolto in maniera più diretta in un progetto. Ecco allora che il dopo covid gli genera una opportunità: prendere in mano la guida tecnica. Sa che il compito non è facile ma, anche grazie alla collaborazione di dirigenti e atleti, sta provando a portare il Villaorba a raggiungere traguardi mai raggiunti. Finora i risultati gli stanno dando ragione.
Stefano, in ogni gruppo c’è il più simpatico, il più talentuoso, il più esuberante etc. Nel vostro quali sono le persone che regalano un valore aggiunto al gruppo?
“Siamo un gruppo numeroso e molto unito. Forse la nostra forza è proprio in questo. Leader, trascinatori, simpaticoni fanno parte di un gruppo e credo che l’insieme faccia la differenza. Se c’è condivisione di un progetto, la forza del gruppo permette di gestire una delusione, di poter alternare anche giocatori in ruoli diversi, di essere sempre pronti a festeggiare fino a notte fonda il post partita”.
Qual è la situazione più difficile in una gestione della squadra?
“Per la mia breve esperienza direi la difficoltà di far giocare tutti dando loro un buon minutaggio. Quando non ci riesco mi dispiace”.
Il Villaorba sta facendo un ottimo campionato. Avete una delle difese più solide, un attacco che segna con continuità. Quali sono i vostri obiettivi stagionali?
“Non ci siamo posti un obbiettivo per la stagione: il sogno sarebbe ovviamente quello di fare il salto di categoria, ma il girone è molto equilibrato. Quindi, al momento, visto anche la formula del campionato, dobbiamo concentrarci e non perdere la bussola per rimanere nei primi sei posti. Anche se siamo ancora fra i primi nulla è così scontato: con i 2 punti a vittoria non si scappa e, onestamente, per me è quello che fa mantenere i campionati equilibrati fino all’ultimo”.
Quali sono gli avversari che temete di più e perchè?
“Ci sono team che, sulla carta almeno, sono superiori a noi. Una su tutte il Dream Team che, sul campo, ci mostrato le sue qualità. Speriamo di poterlo riaffrontare nella seconda parte del campionato. Ma non è l’unica. Ci sono formazioni che al momento hanno pochi punti, ma hanno anche molte partite in meno, quindi ancora non si sa dove possano arrivare. Staremo a vedere”.
Quest’anno, con lo scopo di rendere più avvincente ed equilibrato il campionato, è stata cambiata la formula. Vi piace questa nuova soluzione?
“Se da un lato, qualificarsi nelle prime sei ti da l’opportunità di affrontare di nuovo le altre squadre “più forti” per concedere o aver concessa una rivincita, la nuova formula con un girone di sola andata, secondo me, penalizza le “ultime” sei squadre. Una formula drastica che prevede di avere subito una partenza a razzo anche se magari alcuni condizioni (infortuni, stato di forma etc) etc avrebbero potuto modificare il loro cammino nel ritorno”.
Chi sono le persone che non dovrebbero mai mancare nel terzo tempo?
“Negli ultimi due anni abbiamo ringiovanito di molto l’organico della squadra, qualcuno dice anche troppo, e questo ci ha dato una spinta e una vitalità in più, e un maggiore seguito e partecipazione al sostegno della squadra. Siamo un mix di generazioni che si aiuta a vicenda e a cui comunque piace stare assieme”.
Gli amatori. Una scelta di vita?
“Ho cominciato a 23 anni a giocare negli amatori e per fortuna che esisteva questa possibilità: non sono mai stato un fenomeno, il mio lo facevo, ma fra infortuni e lavoro non potevo prendermi l’impegno di affrontare una categoria. Un ragionamento che penso abbiano fatto e facciano in molti. Il calcio amatoriale è più flessibile, ti permette di giocare secondo le tue possibilità e motivazioni, ma soprattutto di consente di sceglierti il gruppo di amici”.
Che rapporti avete con l’amministrazione comunale per la concessione del terreno di gioco?
“Purtroppo nel nostro comune ci sono 4 squadre e la gestione dei campi è affidata dal comune alle società sportive di categoria (Blessano e Basiliano). Quindi sia noi che gli Highlanders dipendiamo da loro, al momento, più che dall’amministrazione comunale. Però non vorrei approfondire qui questo argomento, è inutile alimentare polemiche: i panni sporchi si lavano in famiglia”.
Come vivete il terzo tempo?
“In pochi anni siamo passati da un terzo tempo limitato a qualche birra e una cena tra chi restava, a una vera e propria festa post partita. Diciamo che la scintilla è scoccata cambiando la giornata di campionato dal venerdì sera al sabato pomeriggio, anche se il successo è concomitante con l’arrivo dei giovani e l’ingresso di dirigenti e simpatizzanti che ci hanno dato e stanno dato una mano alla gestione del chiosco e del terzo tempo in generale. Se prima eravamo in 3, e il venerdì sera e si faceva fatica a trovare qualcuno che venisse a dare una mano anche solo per accendere il fornello per far bollire l’acqua, adesso una pastasciutta è proprio la cosa che si fa quando non ci si vuole impegnare più di tanto . E’ un altro mondo! Quindi, si può avere tutta la passione che si vuole, ma il terzo tempo non possono gestirlo le stesse poche persone che vedono di tutto il resto. Servono rinforzi e, nel nostro caso, finalmente sono arrivati!
Un sogno in campo amatoriale?
“Il sogno amatoriale? Arrivare lassù, prima o poi, a giocarci il derby contro gli Highlanders! Il nostro gruppo è formato da ragazzi reclutati in feste di paese, amici o comunque che già si conoscevano o che si vedevano in giro, gente scelta per le abilità di fare gruppo e festa oltre a essere un calciatore. Per questo, se mai capiterà e se la nostra tradizione rimarrà questa, al di là del risultato, il derby lo avremmo vinto in partenza”!