La famiglia è un suo dogma, lo sport la sua passione. Questo in sintesi Paolo Sgrazzutti, da poco in pensione dopo aver lavorato per 42 anni in una ditta che produce manufatti in cemento. Anni di lavoro nei cantieri gli hanno insegnato come il sacrificio e l’abnegazione possano essere dei valori da trasmettere, come i risultati si possano ottenere solo con l’impegno e la dedizione. Ora che è dirigente sia di una squadra di amatori che di una formazione di pallavolo, il Talmassons che gioca in A2, cerca di trasmettere questi valori, cercando di far capire che il successo non arriva per caso ma è frutto di una programmazione, di un percorso che molte volte presenta degli ostacoli. E’ consapevole che spesso bisogna usare il buon senso, avere una grande forza morale e talvolta spirito d’iniziativa. Come quando decide di passare dal calcio giocato all’arbitraggio. Situazione che lo ha coinvolto su più fronti visto che, oltre fare l’arbitro con la Lcfc, dirige anche gare giovanili di pallavolo. Paolo è una persona che ha tanta voglia d’impegnarsi, di vivere le amicizie, di dedicarsi al volontariato. Un uomo con tanta energia, convinto delle sue idee e che nello sport pare avere trovato una dimensione che lo valorizza e lo fa stare bene con se stesso.
Sei entrato nel gruppo arbitrale della Lcfc dopo aver giocato a calcio per molti anni. Secondo te, per un arbitro che ha fatto il calciatore, è più facile capire le dinamiche di gioco e della partita?
“Certamente si. Una persona che ha “masticato” calcio e quindi calcato per 40 anni i campi da gioco, intuisce più facilmente le varie dinamiche di gioco (falli intenzionali, falli involontari, comportamenti antisportivi, modi di comportarsi sia con il direttore di gara che con gli avversari).
L’anno scorso hai vissuto un esperienza ai campionati Libertas arbitrando gare di calcio a 5. Che sensazioni hai provato ad arbitrare a livello nazionale?
“Al di là che non era la prima volta che provavo a confrontarmi in un campionato dove ci sono varie squadre di altre regioni, sicuramente è un’esperienza positiva per migliorarsi, per crescere come persona e per provare i vari livelli calcistici di altre regioni”.
Qual’è stata la molla che ti ha permesso di diventare arbitro?
“A causa di un infortunio fisico, ho iniziato ad arbitrare partite amichevoli della squadra dove giocavo e adesso sono tesserato come dirigente. Non volevo staccarmi dal calcio giocato per cui ho colto l’opportunità di fare il corso arbitri. E devo dire che provato una nuova emozione che mi dà grandi soddisfazioni”.
Cosa pensi del fair play?
“Nello sport è una cosa importante perchè si notano la correttezza e l’intelligenza di una persona o di una squadra”.
C’è qualcosa che vorresti dire alle squadre che ti stanno leggendo in questo momento?
“E’ chiaro che nel gioco del calcio, come credo in tutti gli sport, vincere sia importante ma nel campionato amatoriale dove noi partecipiamo, credo che divertirsi, stare insieme e comportarsi da persone adulte sia un privilegio e un esempio per i giovani”.
Cos’è per te la felicità?
“Stare bene con se stessi e con gli altri”.
Cosa non sopporti nello sport?
“Nello sport non sopporto la violenza in generale, il razzismo, i presuntuosi, i protagonisti, gli arroganti che non hanno rispetto verso il prossimo”.
E nella vita privata?
“La gente egoista che pensa solo a se stessa. Infatti, come iscritto alla sezione “Gruppo alpini di Talmassons” e donatore di sangue all’AFDS di Udine, cerco di aiutare il prossimo nel miglior modo possibile”.
Cosa vorresti migliorare nelle tue direzioni arbitrali?
“Sicuramente nello sport come nella vita privata c’è sempre qualcosa da imparare e da migliorare. Come arbitro spero di stare sempre bene fisicamente e che le squadre mi apprezzino prima come persona e poi per il modo di dirigere le gare”.