Ci sono persone poliedriche che non si focalizzano su una sola meta e che riescono distinguersi in molti aspetti della vita. Umiltà, forza d’animo, organizzazione, passione, alcune caratteristiche che le contraddistinguono. Sono persone che sanno come gestire il proprio tempo in funzione di un obiettivo e a cui piace vivere di emozioni. Brividi emotivi che offrono una sorta di scossa capace di alimentare in loro una notevole spinta per conoscere nuove mete, scoprire sensazioni e mettersi continuamente in gioco.
Sono anche le caratteristiche di Daniele Petri, conosciuto da tutti come Pedro che, nonostante un carattere introverso, quando entra in campo si trasforma. Adora la competizione in tutte le sue sfumature, sa porsi degli obiettivi per poi perseguirli con costanza ed abnegazione, ma è anche un grande organizzatore visto che i suoi impegni lo portano a districarsi tra viaggi, lavoro, famiglia e passioni. E gli impegni sportivi non sono pochi visto che Pedro è un nazionale di freccette ( in maglia azzurra dal 2007, 14 titoli italiani alcuni suoi traguardi), ma è anche un inguaribile appassionato di calcio, disciplina che pratica all’interno della Lega Calcio Friuli Collinare dove ha collezionato oltre 400 presenze tra Amatori Colloredo, Ter.Ca.L ed SS463. Per non farsi mancare nulla è affascinato anche dalle camminate ( sta progettando il cammino materano), uscite che gli permettono di rilassarsi, rigenerarsi e magari pensare con dovizia di particolari alla sua prossima performance. Lo abbiamo intercettato:
Daniele, d’inverno fai il portiere, d’estate il giocatore di movimento. Come mai questa scelta?
“Ho sempre amato il calcio alla follia, ma non sono mai riuscito ad eccellere in un ruolo, quindi è uscito il mio lato camaleontico: gioco praticamente in ogni ruolo. Sono spesso portiere d’inverno per le necessità della squadra, mentre in estate sono io ad aver bisogno di un ruolo di movimento sui bei campi della Carnia”.
La tua squadra, il Colloredo Digas, dopo un periodo di stop si è iscritta al campionato. Con quali obiettivi?
“A Colloredo si fa calcio amatoriale dal 92, il covid è stato una mazzata. Siamo ripartiti con un anno di ritardo, ed il nostro obiettivo era appunto unicamente quello di ripartire. Non è semplice, siamo spesso contati e registriamo infortuni ad ogni gara, ma siamo una famiglia e non molliamo”.
Parliamo di freccette. Come ti sei avvicinato a questo sport e come hai scoperto le tue capacità?
“Mi sono avvicinato alle freccette per caso, in un pub, nel 2002. Non sapevo esistessero gare o campionati. È stato un colpo di fulmine, non capita spesso di scoprire una propria dote sconosciuta. Da lì in meno di 5 anni mi sono ritrovato in maglia azzurra…”
Come riesci a conciliare gli impegni in nazionale di freccette con lavoro, famiglia e calcio amatoriale?
“Questo è forse il mio maggior pregio. Ci vuole un equilibrio pazzesco ma anche una notevole capacità organizzativa. Non è facile, ma mi piace la vita piena di impegni”.
Come si colloca l’Italia nel panorama mondiale delle freccette?
“Purtroppo siamo 2 gradini al di sotto delle nazioni nelle quali c’è il professionismo. Le freccette non sono nella nostra cultura, ma pian piano qualcosa si sta muovendo per la nostra crescita”.
Quali sono le caratteristiche che deve avere un buon lanciatore di freccette?
“Innanzitutto talento, e lo possiamo scoprire in ogni momento, essendo uno sport senza età. Poi concentrazione, è un gioco prevalentemente mentale, dove anche la predisposizione alla matematica è importante. Serve tempo e disponibilità a viaggiare, ho giocato in Turchia, Svezia, Portogallo…”
Che emozioni si prova a difendere la maglia azzurra?
“Ogni volta è un’emozione nuova, fantastica, giocare in azzurro è il sogno di ogni atleta. Se posso permettermi qualche paragone, è come parare un rigore decisivo al novantesimo o fare gol all’incrocio da 30 metri”.
Nella tua vita sportiva c’è una cosa che hai fatto e non vorresti più ripetere?
“Dal punto di vista comportamentale no, dal punto di vista sportivo ho un cruccio. Nel 2015, coppa del mondo di freccette, in diretta mondiale, sbagliai tutta la preparazione e ne uscì una prestazione pessima. Quanto vorrei poterla rigiocare”!
Torniamo al calcio. La LCFC ha come suo principio cardine la mancanza di vincolo. Cos’è per te, nello sport, la libertà?
“La libertà nello sport per me è semplicemente potermi permettere il divertimento, ad esempio prendere un aereo ed andare a fare un torneo lontano da casa. Nel calcio, la libertà è dare l’anima per 80 minuti, uscire dal campo stremato e bere una birra con compagni ed avversari. Sembrano cose scontate ma per me non lo sono, la pandemia ce l’ha insegnato”.
Qual è il tuo peggior vizio calcistico?
“Sono spesso capitano (a proposito sono stato il primo ed unico capitano friulano della Ter.Ca.L, cosa non comune in Carnia) e quindi pretendo sempre il massimo dai compagni, quindi li incito, li applaudo, li richiamo, li sprono per tutta la partita. È un atteggiamento che ad alcuni non piace nel calcio amatoriale”.
E il miglior pregio?
“Non so stare senza il calcio, ne sono dipendente. Non amo guardare, amo giocare. Non sono un fenomeno, ma do l’anima in campo. E qualunque sia il risultato, non mollo finché non sento tre fischi”.
Il libro che porteresti sempre con te e perché?
“Non sono un lettore, ma adoro scrivere. Avessi più tempo avrei già pubblicato qualcosa. Quindi dico che il libro che porterò sempre con me è quello che devo ancora scrivere. L’argomento? Be’, ovviamente freccette, calcio, e camminate, raccontando soprattutto le emozioni che solo lo sport può dare”.
