Angelo Ponticelli inizia a giocare a 6 anni. Il ruolo è già scritto nel suo destino sportivo, il portiere. La porta diventa, nel tempo, una sorta di accesso verso i sogni, l’area un piccolo pezzo di campo dove coltivare speranze e ambizioni. Ma la sua ascesa non è stata facile. Spesso i suoi genitori, per motivi lavorativi, non potevano accompagnarlo a giocare e lui, pur di non mancare, si sobbarcava ore di bus. Ma quando arrivava sul campo di gioco tutta l’attesa spariva, era come se il tempo volasse. Come fa lui tra i pali. Le sue mani sono diventate un simbolo della sua rivincita personale, un mezzo per far ricredere i detrattori e applaudire i suoi estimatori. Con la forza di volontà e passione, l’impegno e la fame di trovare delle soddisfazioni personali, riesce a scalare molte categorie fino ad approdare al settore giovanile del Napoli. E’ chiamato a difendere la porta della rappresentativa della Campania, passa al Turris in serie C. Ma la sua carriera prende una piega diversa quando il suo procuratore, un amico che in lui credeva molto, viene a mancare. Angelo cambia la sua visione d’insieme, si trasferisce in Friuli per lavoro e qui trova subito delle squadre che lo adottano. Come la Pontebbana (campionato carnico), squadra in cui difenderà e onorerà la maglia per 13 anni. Nel contempo, nel 2016, si diploma a Coverciano come allenatore dei portieri dilettanti e del settore giovanile a testimonianza che, anche se ha smesso di giocare ad alti livelli, Angelo ha una passione che vuole cercare di trasmettere anche agli altri. Insegnare nei settori giovanili il sacrificio, l’abnegazione, far conoscere i suoi segreti, forse è un modo per ripercorrere i fasti della sua gioventù, portandola ad esempio con lo scopo di aiutare i ragazzi a credere in se stessi e a puntare in alto per togliersi qualche bella soddisfazione. Da un lustro è anche uno dei riferimenti della Dognese amatori, squadra in cui pare abbia trovato nuovi stimoli, amici che lo valorizzano e che lo rendono parte integrante di un progetto volto si al divertimento ma anche alla realizzazione di qualche altro traguardo sportivo. Un paio li ha già centrati, entrambi ai rigori: vittoria nel campionato carnico amatori e, da poco, nel campionato invernale “Geretti”. Le sue parate, i suoi voli verso dei palloni quasi impossibili da intercettare, gli hanno confermato il soprannome di Batman, appellativo che si porta appresso fin dalla tenera età.
Durante la sequenza dei rigori, quando rientravi in porta per osservare il tuo turno, oltre ad arrivare con calma olimpica, ti portavi anche una bottiglietta d’acqua che posizionavi dietro la riga di porta. Una sorta di gesto scaramantico che fai sempre in queste occasioni?
“Credo che il portiere debba avere una visione di gioco e di comportamenti a 360 gradi. Da quando entra nello spogliatoio fino all’inizio della gara. Proprio li è importante avere la massima concentrazione (calma olimpica come la definisci tu) ma poi quando devi cercare di parere un rigore entrano in campo altri fattori come tattica e psicologia. Capire la scelta di chi batte il penalty è determinato da parecchi fattori: la velocità del tiro, piede dx o sx, il tipo di traiettoria, se l’avversario ha giocato tutta la partita oppure è appena entrato dalla panchina, l’effetto rotatorio della palla e soprattutto le condizioni atmosferiche ( nel nostro caso, vedasi lo stato del terreno e la buca sul calcio di rigore, il pallone veniva spostato su ogni tiro cosi facendo cambiava il centro della porta). Insomma una serie di attenzioni che possono portarti a individuare la traiettoria della conclusione”.
E’ il primo campionato amatoriale invernale che fai?
“E’ il primo anno che gioco il campionato amatoriale invernale con TECNOSPINE, alias Dognese, solitamente preferisco il calcio d’estate. Ho degli amici che mi vogliono bene e mi hanno chiesto di stare al loro fianco anche in questa esperienza. Facciamo tutti parte della Dognese, un gruppo meraviglioso dove gioco da 5 anni e che mi ha regalato, grazie anche al mister Stefano Di Bernardo, soddisfazioni sia sportive che personali”.
Nella finale del campionato Over 38, giocata contro il Depover, sulla carta, non eravate tra i favoriti. Quali sono state le scelte tattiche o le persone che hanno fatto la differenza ?
“Per quanto visto durante la gara, le scelte tattiche sudiate alla perfezione dal mister, hanno avuto ottimi riscontri. Devo dire però che la differenza l’ha fatta ogni singolo giocatore, ogni giocata, ma soprattutto la grande disponibilità che tutto il gruppo ha offerto”
Giocando in una squadra forte, spesso sei inoperoso. Vivi la solitudine dei numeri uno?
“Il ruolo del portiere non vive mai un momento “ inoperoso”. Per quanto mi riguarda non vivo mai la solitudine della porta. Nel corso degli anni il ruolo è cambiato radicalmente, le necessità del gioco lo hanno portato infatti, a non dover più rimanere esclusivamente tra i pali , ma a uscire spesso dalla porta e, a volte, anche fuori dall’area. Proprio per questo sei sempre attento alle azioni di gioco e pronto a intervenire. Non soffri mai di solitudine!
Tecnospine, vista da dietro come descriveresti i tre reparti: difesa, centrocampo e attacco?
“Grazie al mister, ma soprattutto a diverse soluzione dei giocatori che possono svolgere vari ruoli, i nostri tre reparti sono formidabili. Per quanto riguarda il pacchetto arretrato ho la fortuna di avere al mio fianco difensori come Massimo Iob, Nicola Pesamosca, Roberto Marchetti, Damiano Soncin ed infine mio fratello Simone Romanin, una vera forza per tutta la squadra”.
Come vivi il calcio amatoriale?
“Diciamo all’inizio non volevo neanche pensarci, perché ero portiere titolare della mia amatissima Pontebbana ( Campionato carnico) con cui ho condiviso 13 anni meravigliosi e dove, negli ultimi tre anni, ho ricevuto il titolo di miglior portiere. Poi, grazie al mio amico nonché compagno di squadra e pilastro della Dognese, Elvis, sono entrato a far parte di questo meraviglioso gruppo che vive il calcio amatoriale con grande voglia di divertirsi”.
Nella vostra squadra chi è il valore aggiunto, ovvero quelle persone che riescono a dare il massimo in ogni occasione?
“In una squadra quello che fa la differenza penso sia il gruppo. Se devo fare qualche nome nella Tecnospine sono stato sorpreso, sia a livello calcistico che umano, dai vari Zilli, Valent, Simone Romanin, Yuri, Massimo Iob, Damiano Soncin, Nicola Pesamosca, ma soprattutto dal mio idolo del centrocampo Paolino”
Cos’è per te il calcio?
“Il calcio è passione, il calcio può essere fondamentale per individuare e descrivere diverse dimensioni sociali: c’è chi vive il calcio come riscatto sociale e chi come valvola di sfogo. Una disciplina che, a seconda delle proprie motivazioni personali, va vissuta”.
