Matteo Cornacchia, ex portiere di categoria e poi negli amatori, non ha voluto appendere definitivamente i guanti al chiodo. Dedicandosi professionalmente alla formazione, ha scelto di vivere il calcio da un’altra prospettiva, formandosi come arbitro per comprendere le sfide e le sensazioni che si provano con il fischietto in bocca. Matteo possiede eccellenti soft skills come comunicazione, flessibilità e attitudine a risolvere i problemi, qualità che, se ben traslate sul campo, lo renderanno un arbitro capace di instaurare empatia con giocatori e dirigenti. La sua avventura è appena iniziata, ma se la passione, l’entusiasmo e l’impegno rimarranno gli stessi, potrà togliersi grandi soddisfazioni. Le stesse che raccoglie immergendosi nella sua altra grande passione: la montagna. Il contatto con la natura, il piacere della scoperta, i paesaggi mozzafiato e forse il desiderio di evadere dalla frenesia quotidiana, sono gli stimoli che lo spingono a esplorare le meraviglie del nostro territorio, ricaricando le energie. Lo abbiamo intervistato subito dopo il suo esordio nella gara tra Blues ed Effe 84 Friulclean.
Quali sono state le tue emozioni e sensazioni nel momento in cui hai fischiato
l’inizio della tua prima partita ufficiale? C’è stato un momento particolare che ti è
rimasto impresso?
“Ero abbastanza tranquillo. Un briciolo d’emozione l’ho provata prima ancora di entrare in campo, quando ho fatto l’appello negli spogliatoi delle due squadre. Si tratta di un momento che ho vissuto centinaia di volte da giocatore, ma chiaramente non mi era mai capitato di viverlo da arbitro. È stato molto strano in effetti…”
Come ti sei preparato mentalmente e fisicamente per questo debutto? C’è stato un
consiglio o incoraggiamento che hai ricevuto e che ti è stato particolarmente utile?
“Dal punto di vista mentale mi sono solo concentrato sugli articoli del regolamento e sugli appunti presi durante il corso di formazione. In molti credono di conoscere perfettamente le regole del calcio, ma non è così scontato. Teniamo poi presente che il regolamento C11 della LCFC si differenzia in alcuni aspetti da quello FIGC, e queste differenze vanno conosciute bene. Dal punto di vista fisico, invece, non ho avuto particolari difficoltà ma certamente la cosa non va sottovalutata perché per avere un arbitraggio puntuale serve un arbitro che corre. Dovrò senz’altro allenarmi più di quanto non abbia fatto.”
Qual è stata la situazione di gioco più impegnativa che hai dovuto gestire durante la
partita? Come hai preso la decisione e quali sono state le tue riflessioni a posteriori?
“Mi è capitato di dover fischiare un calcio di rigore, proprio al mio esordio: è sempre una
decisione delicata e in quel momento avrebbe riaperto la partita (cosa che è puntualmente
avvenuta). Credo di essere rimasto lucido e anche chi ha subito il penalty ha ammesso
che la decisione era corretta: nella circostanza mi sono reso conto di quanto prezioso ed
importante sia l’aiuto dei giocatori in campo.”
C’è stato un aspetto specifico del regolamento o una dinamica di gioco che ti ha creato maggiore apprensione prima della partita? Come sei riuscito a gestirlo sul campo?
“Sapevo perfettamente che l’aspetto più critico del regolamento LCFC è il cartellino verde, proprio una di quelle particolarità che ci differenzia (e non poco) dalla FIGC. Credo che la maggior parte dei giocatori ignori il fatto che la cosiddetta “ammonizione per proteste” da noi non esiste e produca, invece, la sanzione con il cartellino verde. Gestire questa cosa non è facile, perché le proteste in campo sono tante e sono continue (chiaramente non parlo solo di sabato, ma in generale). Vivere la gara dalla prospettiva dell’arbitro mi ha fatto capire quale sia la pressione e, di conseguenza, quanta lucidità serva per non farsi condizionare o agire d’impulso.”
Qual è la lezione più importante che hai tratto da questa tua prima esperienza come
arbitro? Cosa ti porti a casa e come pensi che influenzerà il tuo approccio alle prossime partite?
“Porto a casa tante cose. La prima è che arbitrare non è facile: dall’esterno vediamo i tanti errori degli arbitri e li consideriamo inconcepibili, ma fino a quando non si prova ad avere il fischietto in bocca non ci si rende conto di quanto complicato sia.
La seconda è una diretta conseguenza di quanto ho appena affermato: la partita di sabato mi ha fatto comprendere l’enorme distanza fra la teoria e la pratica, perché la conoscenza perfetta del regolamento non basta: ci sono situazioni in campo che richiedono saggezza e polso, e quelli non te li può fornire un corso, per quanto ben fatto sia. Sabato ho commesso diversi errori di inesperienza, forse non tanto sul piano tecnico quanto, appunto, sul piano della personalità. Bisognerà lavorarci.
La terza è di natura molto più personale. Il percorso di preparazione mi ha permesso di conoscere Alex Chiandone (il responsabile della formazione arbitri) e di instaurare un bel rapporto con lui. Approfitto di questa circostanza per ringraziarlo delle lezioni, dei consigli e, soprattutto, della sua coinvolgente modalità di entrare in relazione con gli altri. Un gran bell’incontro.”
