Posso accettare la sconfitta ma non posso accettare di rinunciare a provarci . Questo aforisma di Michael Jordan potrebbe essere il motto della vita di Gianluigi Maldera (per tutti Gianni), un uomo a cui piace sempre mettersi in gioco offrendo il massimo impegno in tutto quello che fa, una persona a cui non manca una sana dose di ambizione. Aspirazioni legittime che hanno sempre albergato in Gianluigi Maldera, sia nella vita di tutti i giorni che nello sport.
Poco amante degli sport singoli in quanto, per suo carattere, si troverebbe a disagio a competere da solo, predilige le discipline di squadra. Come il calcio dove Gianni si è tolto parecchie soddisfazioni, prima da giocatore e poi da mister e dirigente. Il suo carattere riflessivo e prudente si sposa bene con dinamiche di gruppo dove l’analisi, la pazienza e il saper interagire con le persone diventano fattori fondamentali. Caratteristiche che ha consolidato negli anni anche grazie a un lavoro, era un responsabile vendite nel mondo delle auto, che gli ha insegnato che la comunicazione è un metodo efficace per ottenere risultati. Ora che è in pensione può dedicarsi anche a un’altra sua passione, la montagna. Mentre prima, per paura di infortuni che lo limitassero nel calcio, la frequentava meno, ora può dedicarsi a viverla a 360 gradi: dalle escursioni alle arrampicate in ferrata. La montagna, per Gianni, è come una metafora della vita. Scalarla significa cercare di raggiungere, con fatica, un traguardo, e mentre sei proteso alla ricerca del tuo obiettivo personale ti accorgi di quanto la natura possa fornirti un senso di serenità e gioia. E quando arrivi in cima si aprono nuove prospettive, hai come la sensazione di aver centrato una piccola metà che ti mette in pace con te stesso. Forse dalla montagna ha avuto anche l’ispirazione per un altro suo hobby: lavorare il legno. Passione, da sempre avuta, che solo negli ultimi tempi sta coltivando. Realizzare qualche oggetto dal nulla, creare qualche figura con l’incisione o il basso rilievo, costruire qualche mobiletto è una sorta di sfida che vuole vincere, ma anche un modo per lasciare una traccia indelebile della sua esistenza. Insomma Gianni è un uomo poliedrico che, dove mette le mani, riesce a fare sempre qualcosa di positivo.
Il torneo Vecchie Glorie, manifestazione che ha oltre 40 anni, ha deciso di passare sotto l’egida della Lcfc. Quali sono le motivazioni che hanno spinto questo transfert?
“Le motivazioni, molteplici, hanno tutte in comune la ferrea volontà di mantenere viva la nostra realtà. Dopo i festeggiamenti del quarantesimo anno, purtroppo, a fronte di una pandemia che ci ha bloccato due stagioni, la ripartenza è stata difficile. E’ vero, grazie alla forte volontà del nostro presidente Carlo Tonizzo, siamo stati bravi a ripartire, perdendo però un terzo delle squadre storiche da sempre partecipanti al nostro torneo. Il nostro direttivo ha poi percepito una certa stanchezza dei club restanti per cui ha cercato di capire come intervenire per creare nuovo entusiasmo. Da qui sono nati i primi approcci con la Lcfc, contatti che, dopo un anno di reciproca conoscenza, ci hanno portati a decidere di affiliarci con la massima espressione organizzativa amatoriale del FVG. E qui vorrei ringraziare vivamente, da parte di tutti i club Vecchie Glorie. la LCFC che, grazie ai suoi collaboratori, ci ha garantito un supporto tempestivo e completo rendendosi disponibile in tutto. Perfino a lasciare vivere la nostra identità’ concedendoci numerose deroghe al fine di lasciare inalterato, il piu’ possibile, il nostro seppur datato, regolamento”.
Nelle norme di partecipazione tra le Vecchie Glorie vi è l’obbligo di organizzare il terzo tempo per la squadra avversari. Come mai questa scelta?
“Il Terzo tempo fa parte della nostra identità, è un marchio indelebile del nostro campionato. Da noi è obbligatorio e chi non lo organizza è sanzionato. E’ nato e continuerà a vivere perché lo spirito delle Vecchie Glorie unisce la passione per il gioco del calcio, di tutte componenti: dai giocatori, ai dirigenti e ai simpatizzanti di una certa età. Trovarsi a fine gare con la voglia di stare insieme, raccontarsi aneddoti, stringersi la mano, mangiare un boccone e bere un bicchiere tra avversari, è un momento di aggregazione che unisce. Condividere il divertimento di una passione con la possibilità di socializzare è la scintilla che ha fatto nascere e tiene in vita da oltre quarant’anni il campionato Vecchie Glorie”.
Oltre ad altre mansioni, sei anche il mister del VG Varmo. Quali sono i giocatori della tua squadra che hanno maggiori qualità tecniche e quali quelli che hanno una funzione aggregante?
“Premesso che mister è una parola impropria nella nostra realtà, cerco di rendermi disponibile al massimo per mettere a disposizione del mio club, la modesta esperienza di giocatore e di allenatore. Fare nomi non mi è mai piaciuto e lo trovo da sempre inadatto al ruolo di mister. Pertanto ritengo tutti i miei ragazzi indispensabili a creare quell’equilibrio del quale ogni squadra, in qualsiasi disciplina sportiva, necessita per essere prima competitiva e poi vincente. Quindi ti rispondo tutti e nessuno”.
Hai qualche allenatore che ti ha ispirato o del quale ti piacerebbe copiare i suoi dettami di gioco?
“ Da ragazzo ho avuto la fortuna di conoscere il grande Nereo Rocco. Erano altri tempi ma la sua capacità di rapportarsi con i suoi giocatori mi ha sempre ispirato. Ad oggi cito il grandissimo Carletto Ancelotti, non per niente soprannominato Carlo Magno. La sua calma incentrata sul confronto diretto ed onesto tra giocatore e allenatore, il suo comportamento in panchina, mai una frase o un gesto scorretto verso avversari o arbitri, massimo rispetto per la squadra avversaria, la grande capacità di fare coesistere giocatori molto diversi tra loro, sono fonti di ispirazione alle quali spesso cerco di fare ricorso. Se invece parliamo di tattica sono un allievo della scuola di Sacchi. Il suo 4-4-2 è il modulo che più mi piace perchè lo ritengo molto flessibile. Inoltre lo ritengo il modulo più adatto alle squadre composte da ragazzi con qualche anno in più come le mie Vecchie Glorie”.
Ogni allenatore prova a trasmettere dei valori ai suoi ragazzi. Nel tuo caso cosa vorresti trasferire alla squadra?
“La prima cosa è il rispetto reciproco. Tutti uguali, nessun campione e nessun gregario. Rispetto per chi da’ a loro la possibilità di divertirsi giocando. Massima disponibilità verso il compagno che sbaglia, verso chi esce dal campo sapendo di aver dato tutto. Solo cosi il risultato non conta, i rimpianti sono gli alibi dei deboli. Ricordarsi sempre che la partita inizia dal primo allenamento che si fa in vista della prossima partita. E’ qui che ogni giocatore deve mettere in difficoltà il mister nelle sue scelte di formazione. Divertimento, passione e sacrificio, le indicazioni da seguire sulla strada dello sport se vuoi arrivare al traguardo a braccia alzate”.
Cos’è per te il calcio?
“Questa è veramente una bella domanda. Rispondere TUTTO sarebbe riduttivo. Per me rappresenta anche il mio modo di essere. In un gioco di squadra non vince solo chi è stato baciato da madre natura con doti di campione, vince il collettivo. Dunque chiunque con impegno e sacrificio può raggiungere traguardi importanti che affrontati da solo sarebbero stati proibitivi. Inoltre il calcio accomuna, è socializzazione, ti porta al rispetto della disciplina, al rispetto reciproco facendoti assaporare lo zucchero della vittoria ma anche il sale della sconfitta. La metafora della nostra vita”.
In passato hai avuto esperienze di allenatore anche in altre manifestazione. Dove hai raccolto maggior soddisfazione personale?
“Posso dire, senza falso orgoglio, che negli anni in cui ho allenato le soddisfazioni più grandi non me le hanno date le classifiche finali, che pure mi hanno sempre sorriso riconoscendo il mio operato, bensì i rapporti di stima e amicizia che ho creato con i miei giocatori e collaboratori e che ancor oggi a distanza di anni mi vengono riconosciuti. Un patrimonio che mi accompagnerà per sempre finche avrò la possibilità di vivere nel mondo calcio”.
C’è un libro, un film che ti ha aperto prospettive diverse?
“Ci sono parecchi libri che mi hanno fatto riflettere ma ritengo un film, Ogni maledetta domenica di Oliver Stone, quello che mi ha colpito di più. i quattro minuti del monologo che mister Toni D’Amato ( interpretato da Al Pacino ) fa ai suoi giocatori prima della partita più importante della loro carriera, sono passati alla storia. Un monologo intenso che ha l’intento di spingere i propri ragazzi oltre le loro potenzialità. Vi invito ad ascoltarlo e capirete cosa significa gioco di squadra”.
Per chiudere, quali sono le ambizioni del comitato organizzatore del torneo Vecchie Glorie e del VG Varmo?
“Per fare una metafora è come quando indossi un vestito nuovo. Speri di sentirtelo comodo, apparire bello, ed elegante. Il nostro campionato grazie all’affiliazione con LCFC si veste di nuovo e per questo spero che possiamo essere fieri di sfilare sui nostri palcoscenici mantenendo lo spirito che ha contraddistinto la nostra storia. Sono sicuro che sarà un successo. Per quanto concerne il VG Varmo spero di fare meglio dello scorso anno dove siamo stati eliminati in semifinale. Ci piacerebbe arrivare a disputare la finale per poi dedicare il titolo al nostro caro segretario Ennio Bagnarol che ci ha lasciati da pochissimi giorni. Inutile dire che, personalmente, sarebbe una grande soddisfazione vincere il titolo da mister dopo averlo vinto, quando non avevo ancora i capelli bianchi, da giocatore”.