Il calcio, una folgorazione infantile che per Omar Michelin si è trasformata in un legame indissolubile. Questo sport non è stato solo un passatempo, ma un vero e proprio motore di crescita, un terreno fertile per coltivare amicizie e alimentare stimoli anno dopo anno. Grande tifoso dell’Udinese nel cuore, Omar, giunto all’età di 48 anni e con un passato da calciatore amatoriale, oggi si dedica con la stessa passione alla guida tecnica del Palut Prissinins.
E la sua dedizione ha portato a un risultato storico per la piccola società. Per la prima volta nella sua storia, il Palut Prissinins ha conquistato il campionato Friuli Collinare. Un traguardo che segna un momento cruciale per il club, nato 18 anni fa dalla fusione tra gli Amatori Precenicco e gli Amici del Paludo. Questa vittoria, fortemente voluta e ottenuta anche grazie alla sapiente guida di Omar, riempie il tecnico di un’emozione profonda, paragonabile solo alla gioia provata con la nascita delle sue figlie. Sentimenti intensi che lo galvanizzano, ma che non lo allontanano dalla concretezza. La sua esperienza professionale gli ha insegnato che il percorso verso il successo è costellato di alti e bassi, e che mantenere i piedi per terra è fondamentale. Questa filosofia, unita a una spiccata capacità comunicativa, a una profonda empatia e a una leadership innata, è stata trasmessa con successo al gruppo squadra. Un aspetto cruciale che ha permesso al Palut Prissinins di superare le fasi più delicate del campionato, conducendolo infine alla meritata vittoria. Un trionfo che celebra la passione di Omar e la crescita di una squadra che, guidata dalla sua mano esperta, ha scritto una pagina indimenticabile nella sua storia.
Omar, ripensando all’inizio della stagione, c’è stato un momento particolare di difficoltà?
“Ripensando all’inizio di questa stagione, non avrei mai immaginato di raggiungere un simile traguardo. Tra giugno e luglio scorsi, ci siamo riuniti due volte con il gruppo squadra per pianificare la nuova stagione. Al 12 luglio, avevamo solo 12 o 13 ragazzi disponibili e nessun allenatore. Dopo tre stagioni meravigliose ma intense – una promozione in Eccellenza/Divisione Diamante e un secondo posto – avevo persino pensato di fermarmi, tornando al ruolo di solo dirigente. Non avevamo però fatto i conti con la visione, un po’ folle in quel momento, del mio Presidente Roberto Ciani, ormai per me un fratello maggiore. Ignorando i numeri, ha comunque iscritto la squadra al campionato. Ricordo che mi disse che avremmo dovuto chiedere un anno di sacrifici ai ragazzi con un unico obiettivo: restare in piedi come società e come persone, senza guardare il risultato sportivo che, con quei presupposti, avrebbe potuto essere un disastro totale. E invece… il finale è stato ben diverso”.
Quindi, lo spirito di appartenenza vi ha indotto a rischiare…
“Noi dirigenti, in effetti, abbiamo cercato di dare l’esempio, dimostrando che con qualche sacrificio l’annata sportiva poteva essere portata avanti. Il 19 agosto abbiamo rinforzato il Consiglio Direttivo con nuovi innesti e quella stessa sera, per dare concretezza alle parole del Presidente, ho dato la mia disponibilità per un altro anno in panchina. Nel corso della stagione siamo riusciti ad avvicinare nuovi giocatori e anche chi aveva inizialmente declinato, capendo il nostro bisogno, è rimasto. Così, i 12/13 calciatori di luglio sono diventati 31 all’ultimo fischio dell’arbitro nella partita di venerdì scorso contro il San Vito al Torre.”
Qual è stata la chiave tattica o strategica che, a tuo parere, ha fatto la differenza in questo campionato?
“Non credo che ci siano state particolari chiavi strategiche o tattiche a farci trionfare. Spesso la parola gruppo viene abusata, ma qui ha vinto veramente il gruppo. Negli entusiastici post social dei miei ragazzi di questi ultimi due giorni ho letto spesso la parola “famiglia” e credo sia proprio per questo motivo che abbiamo vinto. Una famiglia che si trovava spesso anche durante la settimana in interminabili allenamenti che finivano alle 21, ma che proseguivano fino a tardi con la frase “Andiamo a bere una birra insieme”. Ma non solo i giocatori hanno fraternizzato; anche le mogli e le fidanzate, che mi dicono avere un loro gruppo WhatsApp, pare abbiano legato. I numeri della cena di Natale, circa 70 persone, lo confermano. Questo siamo noi.”
C’è un aneddoto o un episodio che testimonia la forza del vostro spogliatoio?
“Credo siano due i momenti che hanno cristallizzato questo aspetto. Il primo, il 25 febbraio. Giocavamo di martedì sera il recupero della terza giornata d’andata a Savogna, a 74 km da Latisana. Pioveva a Latisana, pioveva a Savogna, pioveva durante il viaggio di ritorno, faceva freddo, eppure ci presentammo con ben 26 giocatori. Quella sera feci probabilmente 3 o 4 cambi; metà dei ragazzi presenti non giocò, soffrì in panchina, ma accettò le mie scelte per il bene della squadra. Molti di loro erano arrivati da soli, direttamente dal lavoro, e da soli se ne tornarono a casa: una cosa non facile da accettare, eppure lo fecero.
L’altro episodio risale a pochi giorni fa. A causa dei recuperi di campionato, ci trovammo a dover giocare quattro partite in dodici giorni e decidemmo che il 2 maggio sarebbe stato l’ultimo allenamento perché, per via dei vari impegni, non avremmo più avuto date libere. Lunedì 5 maggio vincemmo a Jalmicco, e nello spogliatoio si alzò una voce: ‘Mister, allenamentino mercoledì, prima della partita di venerdì con l’Adorgnano, vero? Musica per le mie orecchie, ma non volevo stressarli troppo. Organizzai un allenamento facoltativo, e si presentarono in 24. La cosa più emozionante fu vedere che erano presenti tutti quelli che nelle tre partite precedenti non avevano mai messo piede in campo. Quella sera capii che avevamo altissime probabilità di vittoria.”
Qual è stata la partita più difficile o il momento di maggiore tensione che avete dovuto affrontare durante la stagione? Come avete superato quella sfida come squadra?
“La stagione è iniziata male, con due sconfitte nelle prime due giornate di campionato (saranno solo quattro a fine stagione) contro le corazzate Turkey e Ziracco. La vera svolta, a mio parere, è stata la sconfitta nel derby a Pertegada, nel finale del girone d’andata. Dominammo la partita creando cinque chiare occasioni nel primo tempo, mentre loro non si avvicinarono mai alla nostra porta. Allo scadere del tempo regolamentare eravamo avanti 1-0, ma nel calcio esistono i minuti di recupero, e in un minuto e mezzo subimmo due gol sui loro primi due tiri in porta. Nello spogliatoio quella sera c’era tensione: metaforicamente, potrei dire che esplose una bomba, con i giocatori più esperti che si fecero sentire. Mi confrontai con alcuni di loro e ci dicemmo che quella sconfitta avrebbe potuto essere la prima di un possibile declino, dato che nelle due partite successive avremmo affrontato di nuovo Turkey e Ziracco. Contro ogni aspettativa, vincemmo entrambe le partite con prestazioni inimmaginabili. Da quel momento, iniziammo a guardare verso l’alto in una classifica comunque cortissima.”
Cosa significa per te personalmente questo successo e quali sono i tuoi obiettivi per il futuro, magari pensando già alla prossima stagione?
“È solo calcio direbbe qualcuno, ma é una soddisfazione enorme. Faccio parte di questa società da 25 anni consecutivi, ne sono stato fondatore, nei primi anni capitano, allenatore. Posso dire di aver giocato solo in questo campo sportivo perché anche le giovanili le ho giocate a Paludo. Venerdì sera poi erano presenti tantissimi di quei ragazzi che cominciarono con me quest’avventura nel 2000. C’era il mio mister di allora Marco Tavian che mi ha allenato dai pulcini agli amatori. A fine partita lui e i miei vecchi compagni erano felici come se avessero giocato loro e sono stati tra i primi a venire ad abbracciarmi. Questo dimostra come a Paludo si creino rapporti tra persone prima che squadre di calcio. L’emozione è stata grandissima quando spontaneamente é partito il nostro coro di allora a salutare il nostro Massimo che tifa da lassù da 23 anni. Gli obiettivi per il futuro sono semplici, credo troveremo modo di festeggiare per tutta l’estate. Il 14 giugno ci sarà la prima uscita stagionale in barca, ormai un classico per noi: 3-4 imbarcazioni, 15-20 persone almeno, bagno al largo a Lignano, pranzo a Marano e quest’anno ci sentiranno cantare “CAMPIONI” per tutto l’alto Adriatico. Tutto ovviamente magistralmente organizzato dal nostro unico e grande condottiero, il Presidente Ciani. Poi, con calma la Società pianificherà la prossima stagione.”
So che ci tieni a fare qualche ringraziamento.
“I primi ringraziamenti vanno a mia moglie e alle mie figlie, che spesso hanno dovuto fare a meno della mia presenza a casa per i miei tanti impegni. Poi, un grazie di cuore al Presidente Roberto Ciani. Il Palût/Prissinins è lui, in ogni suo aspetto: un mix di entusiasmo, idee e praticità. Se pensi di fare una cosa, lui l’ha già fatta. La vittoria del campionato è un piccolo grazie che la squadra ed io gli dedichiamo per tutto quello che ha fatto e continuerà a fare per noi.
I ringraziamenti vanno anche a tutti i Dirigenti: a Omar, ad Alessandro, a Federico e a tutti gli altri. Siamo una società impegnata, che gestisce la propria struttura di gioco. È una vera faticaccia, possiamo sempre migliorare, ma siamo bravi. Non dimentico la squadra: tutti i suoi componenti, che abbiano giocato 21 partite su 22 o solo qualche minuto, devono essere orgogliosi di definirsi Campioni.
Ai miei Capitani, in particolare a Federico Zanutto, che quest’anno ha raccolto la fascia dal nostro storico condottiero Luca Gobbato. Sono calciatori di qualità, ma soprattutto persone di altissimo spessore umano.
A chi, nell’estate del 2000, disse a quei ventenni che la loro società non sarebbe arrivata a Natale... Siete sempre stati uno stimolo a migliorarci, a crescere prima come uomini e poi come “sportivi” e, alla fine, i fatti ci hanno dato ragione!”