La carriera sportiva del padre (giocatore, allenatore e poi direttore sportivo) gli ha trasmesso l’amore per il calcio, sport che segue da sempre e che ha cominciato a praticare in tenera età. I suoi inizi sono nelle giovanili dell’allora A.C. Monfalcone, società in cui è cresciuto calcisticamente e dove ha cominciato a trovare consapevolezza dei suoi mezzi.
“Di quel periodo – racconta Cristofer Candotto – anche se il mio percorso sportivo non è stato di certo indimenticabile – ricordo il gruppo che si era creato. Non solo tra i ragazzi ma anche tra i genitori”. Cristofer non ha mai dato importanza al massimo risultato, ma ha capito che l’ambiente in cui si fa sport è più importante. Ti aiuta a crescere sereno, a capire realmente le tue potenzialità, ad accettare i tuoi limiti. E se lo vivi serenamente è una scuola di vita, un’esperienza indelebile. Per lui il calcio è come lo descrive Pelè: “è musica, danza e armonia. E non c’è niente di più allegro della sfera che rimbalza”. Una visione che lo ha sempre accompagnato nel suo credo calcistico, anche durante i suoi 10 anni in cui è uscito dal mondo del calcio giocato, contesto che ha ritrovato negli amatori Pieris. Li ha nuovamente respirato quell’aria di famiglia che sentiva da piccolo e tanto gli piaceva, si è rimesso in gioco trovando una sua dimensione che negli anni si è consolidata. Da tre anni è diventato il presidente di questa bella realtà isontina che in lui vede una persona capace, oltre che di gestire l’associazione, anche di intervenire con sagacia nei momenti di crisi. D’altronde la sua professione di psicoterapeuta lo aiuta, gli permette di gestire emozioni positive e negative del gruppo che durante una stagione possono evidenziarsi. La sua disponibilità all’ascolto, associata al rispetto verso le persone, è un fattore determinante per poter avere credibilità all’interno di una squadra che lo ripaga con responsabilità e belle prestazioni. Ma Cristofer non è solo impegnato nel calcio, è anche membro della commissione “sanità e politiche sociali” del comune di San Canzian d’Isonzo. Impegni, anche se fatti con voglia e responsabilità, che portano via energie fisiche e mentali tanto che Cristofer, quando ha necessità di “staccare la spina”, ritrova nel mare e nella barca, altre sue grandi passioni, quella spinta emotiva che serve a ripristinare il giusto equilibrio.
Quali differenze avete riscontrato tra il campionato amatori FIGC e quello della Lcfc?
“Sicuramente per noi le novità più importanti sono state la diversa durata delle partite (che incide sul ritmo gara) e le giornate in cui si giocano. In FIGC eravamo abituati a giocare sempre il sabato pomeriggio e quest’anno alcune sfide di lunedì sera metteranno a dura prova la sveglia del martedì. Per il resto devo dire che in FIGC ormai le squadre tra loro si conoscevano bene essendo rimaste in poche, quindi quest’anno l’incognita è sicuramente sfidare compagini nuove. Devo dire che pur essendo partiti dalla divisione bronzo stiamo trovando un buon livello.”
Come ti definiresti come dirigente ?
“Sarebbe bello rivolgere questa domanda ai giocatori. Diciamo che ho un carattere propositivo, ottimista e riflessivo e mi ritrovo a mio agio nel ruolo di mediatore. Mi piace partecipare alle attività in prima persona, metterci il pensiero e la voglia di fare, dare il mio contributo per il bene della collettività. Come presidente cerco di dare veramente tutto me stesso. Non voglio gravare sugli altri e cerco di farmi carico di tante cose, anche se questo a volte può essere un difetto. Sono orgoglioso della società che rappresento e spero che ognuno dei giocatori, dei dirigenti e dei tifosi, possa dire altrettanto.”
Nella vita privata qual’è la cosa che ti fa maggiormente arrabbiare?
“Mi arrabbio difficilmente, anche questo è sia un punto di forza, sia un punto di debolezza. Credo molto nel dialogo e cerco di mediare sempre gli scontri, che però spesso possono essere costruttivi. Diciamo che mi fanno arrabbiare le ingiustizie e le critiche gratuite o di chi non sa o di chi non fa.”
Qual è la situazione più difficile che hai dovuto gestire per salvaguardare il gruppo?
“Diciamo che sono stati 3 anni complessi, ho iniziato il mio percorso da presidente in piena pandemia in cui mi sono trovato ad agire a tutela dei giocatori anche quando le scelte potevano non essere condivise o apprezzate. Proseguendo in questi anni ci sono stati diversi periodi difficili e diverse sofferenze che hanno colpito giocatori e membri dello staff, e che chiaramente con l’affetto che ci contraddistingue come gruppo sono diventate sofferenze di tutti. Credo che quando le cose vanno bene è facile essere squadra, ma è molto più difficile esserlo quando arrivano i momenti difficili ed è lì che soltanto remando tutti insieme si può uscire dalla tempesta. Abbiamo dimostrato di essere dei buoni marinai!”
Quanto temi il cambiamento?
“Credo profondamente nel cambiamento, non lo temo. Credo che il cambiamento faccia parte della vita, come una forte corrente che non si può contrastare, ma piuttosto saper navigare per andare verso nuove destinazioni. Questo è un anno di forte cambiamento per noi. Abbiamo cambiato federazione e anche il nostro gruppo, negli ultimi anni, sta cambiando molto. In questa fase di transizione spesso le persone si scoraggiano. Non è una fase facile, per cambiare bisogna perturbare un sistema, è a tutti gli effetti una rottura, ma è una rottura momentanea e propedeutica a costruire qualcosa di nuovo e se lo si affronta con lo spirito giusto, magari anche di migliore.”
Immaginati sul palco di un teatro. Come racconteresti alla platea la tua esperienza con il Pieris?
“Credo che partirei dalle parole che dedicai in un video mandato nella chat della squadra prima dell’ultima partita di campionato della mia prima stagione. Era la stagione 2018/2019, eravamo terzi ad una giornata dalla fine, ma la matematica ci dava ancora una, seppur remota, speranza. Sentii di dover esprimere ai miei compagni ciò che mi avevano regalato in quella mia stagione di ritorno al calcio giocato. Quel giorno vincemmo la partita e vincemmo il campionato (se ha portato fortuna mi conviene farne uno all’anno allora). Per il resto inviterei tutta la platea a un nostro famoso “terzo tempo” dove si può respirare dal vivo che cosa sono gli Amatori Calcio Pieris.”
Ogni squadra si pone degli obiettivi a inizio stagione. Quali sono i vostri?
“Il nostro obiettivo per ogni stagione è quello di dare il massimo, sempre, per terminare senza rimpianti. Quest’anno il sogno sarebbe la promozione, ma siamo consapevoli che il girone è competitivo (anche grazie alle vecchie conoscenze della FIGC che ci hanno seguito in LCFC) e che ci sono tante squadre che non conosciamo. Ci siamo sempre descritti come una squadra proletaria e così dobbiamo essere, testa bassa, umiltà e lavoro di gruppo sono gli ingredienti per raccogliere i frutti a fine anno… quali? dipende da cosa abbiamo seminato durante l’anno!”
Chi sono le persone che non possono mancare al Pieris ?
“Sicuramente tutte le colonne portanti della società che, ci tengo a precisare, quest’anno ha festeggiato i suoi 35 anni! A partire dai giocatori della vecchia guardia che ancora danno il loro contributo in campo: Pacor, Minin, Zanolla, Sell e Toscan. Lo staff composto dal nostro Malaroda, dai nostri cuochi Elar e Ciulin e dal nostro condottiero, il mister Santostefano. Le nuove leve che danno il loro contributo dentro, ma soprattutto fuori dal campo, il capitan futuro Boletig e il nostro nuovo segretario Tomizza. Poi una menzione particolare va a chi ha dato il via al ringiovanimento della squadra, il nostro Bevilacqua! Ma soprattutto tutti i nostri tifosi che ci vengono a sostenere ogni sabato e che ci dicono “BRAVI E BASTA!”