L’infortunio muscolare costituisce, a qualsiasi livello competitivo, un evento giustamente molto temuto dal calciatore. Le statistiche infatti parlano chiaro: circa il 70 % degli infortuni nel calcio appartiene a questa categoria. Cerchiamo di chiarire alcuni punti:
Come può avvenire una lesione muscolare? Esistono due meccanismi principali: trauma diretto (ad esempio, la classica ginocchiata sulla coscia) e trauma da allungamento eccessivo, specie nella situazione in cui il muscolo si contrae “frenando” (ad esempio, ammortizzando l’atterraggio dopo un colpo di testa).
Nel calcio il muscoli più colpiti sono nell’ordine: bicipite femorale (“parte posteriore della coscia”), adduttori (“interno coscia”), tricipite surale (“polpaccio”), retto femorale (“parte anteriore della coscia”).
Cosa succede? Una parte più o meno estesa delle fibre muscolari che costituiscono il ventre del muscolo si “rompe”. Questo causa immediato dolore, difficoltà più o meno marcata ad eseguire i normali movimenti, e spesso un ematoma dovuto alla fuoriuscita di sangue dalle fibre muscolari che si sono rotte.
Esistono diversi gradi nella gravità della lesione, in base a quanta parte del muscolo è stata interessata (lesione di primo grado, secondo grado, terzo grado e rottura completa). Nel caso delle contratture, invece, non avviene nulla di tutto ciò: al contrario, molto spesso dopo la fine dell’attività fisica, ed in modo piuttosto graduale, il muscolo tende a contrarsi provocando dolore. Ma questo muscolo non presenta lesioni. Confondere lesioni con contratture può essere la prima causa di errori diagnostici e terapeutici.
Cosa fare? La cosa più saggia è certamente interrompere l’attività, qualsiasi sia la gravità presunta dell’infortunio. Nell’immediato giovano misure generiche quali l’applicazione di ghiaccio, la compressione e l’elevazione dell’arto. Se si notano fin da subito un grande ematoma e un’importante difficoltà nei movimenti, occorre recarsi al più vicino pronto soccorso, dal momento che potrebbe essere necessaria l’aspirazione del sangue, ed in casi estremi la sutura della lesione. Fortunatamente questi casi sono rarissimi, e di solito l’atleta tende a sottovalutare il problema, commettendo però una sorta d’ingenuità. Infatti spesso, soprattutto nelle categorie dilettantistiche e amatoriali, vi è l’abitudine di “autogestire” il problema. Questo atteggiamento, talvolta supportato dall’intervento di figure che si sostituiscono al medico “suggerendo” una soluzione più o meno adeguata, porta il più delle volte ad un rientro in campo fortemente anticipato, con conseguente quasi ovvia recidiva della lesione e stop ulteriormente prolungato a data da destinarsi.
La scelta più conveniente per il calciatore e per la squadra è fare in modo che, nei giorni immediatamente successivi all’infortunio, si ottenga una diagnosi medica sia clinica che ecografica. Solo in questo modo si possono stabilire la sede, la gravità e l’estensione della lesione. In base a queste informazioni, il medico dello sport è la figura professionale più indicata a stabilire i tempi e le modalità del ritorno all’attività sportiva. Sarà cura del medico indirizzare l’atleta ad un percorso riabilitativo personalizzato, che abbia come obiettivo il ritorno in campo più rapido possibile ma riducendo al minimo il temuto rischio della recidiva.
Anche nel caso della “semplice” contrattura, sarebbe preferibile affidarsi a figure professionalmente riconosciute. E’ vero che qualche giorno di riposo e la mano esperta del massaggiatore possono risolvere il quadro velocemente, ma se il problema è ricorrente (e succede spesso), si rischiano lesioni vere e proprie oppure l’insorgenza delle tendiniti, in grado di portare a periodi di stop molto lunghi.
La prevenzione infine è un aspetto fondamentale. Esistono misure semplici da adottare quali il riscaldamento sempre graduale ed adeguato, la progressività dei carichi di lavoro, l’evitare gesti atletici “eccessivi” o scoordinati. E’ importantissimo adottare stili di vita salutari come alimentazione sana, riposo notturno adeguato, evitare il fumo e limitare il consumo di bevande alcoliche.
In sostanza, un muscolo sano e “trattato con cura”, in un contesto di equilibrio posturale e metabolico, ha meno probabilità di rompersi!
Dott. Stefano Poser
Pubblicato anche su Tremila Sport del 23/03/2012