Gravita da oltre 24 anni tra il popolo amatoriale, sa che si gioca sempre per vincere ma è anche consapevole che bisogna saper perdere. Una filosofia che lo accompagna nell’attuale percorso sportivo e che ha perfezionato da quando ha cominciato a calciare i primi calci, a 11 anni. Sandro Scubla, classe 69, inizia come portiere ma poi, sentendosi poco partecipe al gioco, prova a spostarsi a centrocampo, ruolo che esalta le sue qualità fino a farlo esordire giovanissimo in prima squadra.
Nei dilettanti rimane fino ai 30 anni fino a quando un infortunio lo costringe a un lungo stop. I primi mesi, dopo l’operazione, sono difficili, sia fisicamente che moralmente: fisioterapia, riabilitazione e gli impegni di lavoro, sono situazioni che lo impensierivano. Non sapeva se sarebbe rientrato nel calcio, l’appendere le scarpe al chiodo era una possibile scelta. Questi pensieri albergano in lui per parecchio tempo ma, la passione per il calcio, gli fa superare gli ostacoli. Ne esce fortificato, soprattutto mentalmente. Nel frattempo, conosce, tramite amici, il mondo amatoriale. Comincia a fare allenamento con gli am. Plaino dove scopre che tre quarti dei ragazzi avevano avuto infortuni simili al suo. Questo aspetto, forse, lo lega subito a quel gruppo di persone. Una volta ristabilito però rientra nei dilettanti col Nimis, completando la stagione di terza categoria. Qualcosa però era scattato dentro di lui, aveva conosciuto il mondo amatoriale, ambiente che lo aveva particolarmente colpito. Decide quindi che la sua strada sarebbe continuata tra gli amatori. Partecipa ai campionati del Collinare con gli amatori a Plaino e successivamente a Nimis con le squadre del Sedilis, Al Sole 2 ed al Trieste fino al 2014. Ad oggi è il mister de La Valanghe, incarico che come dice Sandro – gli è stato affidato dai giocatori più per amicizia che per capacità. Caratterialmente lo conoscevano, sanno che è una persona decisa, razionale, che difficilmente “sbotta”. Anche da giocatore era disciplinato, attento alle regole e pronto a mettersi in gioco. Insomma una persona tranquilla che forse, dal suo hobby (la pesca in alto mare) ha imparato la pazienza, il piacere dell’attesa, per poi sferrare con decisione il colpo nel momento giusto.
La tattica negli amatori non è prioritaria ma molti cercano di trovare dei moduli in base alle caratteristiche dei propri giocatori. Nel vostro caso come vi schierate in campo e in base a quali motivazioni?
“Di solito schiero un 3-4-1-2 variabile in 4-4-2 o il 3-4-2-1, flessibile in funzione delle caratteristiche dei giocatori disponibili e dell’avversario. Di solito, più che fare la convocazione dei giocatori, faccio la conta di quelli potenzialmente presenti e creo una formazione il più possibile equilibrata. E’ chiaro che conoscendo i miei ragazzi da molto tempo conosco i pregi e difetti di ognuno”.
Secondo il tuo parere come si conquista la fiducia di una squadra?
“Con una gestione del gruppo sia in campo che fuori”.
Mister, quali sono le doti che un buon allenatore amatoriale dovrebbe avere?
“Dipende dagli obbiettivi che la società si pone. Sicuramente la componente umana è molto importante. Per quanto concerne l’aspetto tecnico, il mister degli amatori ha a che fare con giocatori maturi che hanno calcato i campi da calcio per tantissimi anni e non credo ci siano, purtroppo, molti margini di miglioramento. Per cui il mister deve leggere la partita ed adattare, per quanto possibile, la squadra alla corretta gestione della partita. Un compito difficile che non sempre si riesce a svolgere nel migliore dei modi. Nel nostro caso anche per un limitato numero di giocatori disponibili”.
La Valanghe sta disputando un’ottima stagione. Quali sono gli obiettivi che vi eravate posti all’inizio?
“L’obbiettivo principe era quello di riprendere l’attività dopo la pausa per la pandemia, intravedendo tutte le difficoltà di due anni di stop ad una età direi critica. Speriamo di continuare con il nostro gruppo per migliorare in via prioritaria una condizione fisica accettabile. Al momento non siamo messi bene fisicamente. Quando ci saranno le condizioni di base sufficienti potremmo parlare di obbiettivi. Anche se rimaniamo sempre in un ambito ed uno spirito molto amatoriale. Chiaramente si gioca sempre per vincere, ma se si perde non ne facciamo un dramma”.
Qual è il reparto della sua squadra che necessita maggiormente di una sua particolare attenzione?
“Tutti i reparti hanno bisogno di aggiustamenti. Spesso il nostro centrocampo mi da’ grossi grattacapi, anche a causa di continui cambi di formazione dovuti alle assenze di alcuni giocatori. Chiaro è che, personalmente, ritengo il centrocampo l’ago della bilancia delle partite e per cui se questo non gira a mille non si riesce a proporre gioco in fase offensiva e non si fa neppure filtro per la difesa. Un grosso problema che spesso ci mette in difficoltà”.
C’è un film sullo sport che ti ha particolarmente colpito?
“Non sono un patito di film, preferisco guardare documentari o sport. In ogni caso forse il film che mi ha particolarmente colpito è Rush (formula 1), la rivalità tra due piloti, egualmente talentuosi senza sottolineare chi era il migliore tra i due, molto diversi caratterialmente che però, nonostante l’accesa rivalità, erano amici e si stimavano. Chiaramente le rispettive personalità li hanno portati ad avere carriere e stili di vita completamente agli opposti. Questo è anche quanto può accadere in un campo di calcio, e di esempi ne abbiamo a bizzeffe anche nei nostri ambiti amatoriali”.
Che tipo di giocatori avete in rosa?
“La rosa è composta da ragazzi che, nella quasi totalità, hanno giocato a calcio a vari livelli. Dal punto di vista umano sono tutti disponibili a sacrificarsi anche fuori ruolo, poi che chi è un tuttofare e chi è più uno specialista, mettiamola in questi termini. Simone Tomasino, per esempio, può coprire molto bene tutti i ruoli, dal portiere alla punta; doti fisiche e tecniche al di sopra della media. Purtroppo, è disponibile saltuariamente”.
Quali sono i giocatori della tua squadra che non devono mai mancare?
“In ogni società ci sono, diciamo così, dei capi branco. Direi che abbiamo un gruppo molto ben affiatato sia in campo che fuori durante il terzo tempo. Ognuno di noi mette un tassello molto importante per il prosieguo del nostro stare insieme. Non mi soffermerei sui nomi, tutti sono eccezionali ed eccellono in campo o fuori”.
La formula di questo campionato è stata adattata in funzione della possibilità di un ritorno del Covid. Ti piaceva o avresti altre preferenze su eventuali formule?
“Diciamo che, parlando dello spirito amatoriale, estenderei di almeno 20 giorni la pausa dicembre – gennaio per non giocare su campi ghiacciati che sono prodromi di infortuni.”