Uno sciatore approdato al calcio. Questa la sintesi della vita sportiva di Massimo Cescutti che, dopo aver praticato in maniera predominante lo sci, decide di mettersi in gioco sui campi di calcio. Senza aver frequentato alcun settore giovanile inizia la sua avventura nel campionato carnico FIGC dove gioca per 10 anni. Una serie di infortuni gli fanno capire che forse è meglio trovare delle soluzioni alternative, magari passare a un calcio più rilassante e dove non ci sono pressioni. Appena gli si presenta l’opportunità veste la maglia del suo paese ( Cabia di Arta Terme), squadra amatoriale con cui si toglie parecchie soddisfazioni. Ma il campo di gioco gli va sempre più stretto. Capisce che impostare le partite, cercare delle soluzioni tattiche, provare a gestire un gruppo lo stimola. Percezioni che materializza scegliendo di fare l’allenatore. Esperienza che inizia negli anni 2000 allenando un paio d’anni il settore giovanile per poi “esordire” sulla panchina di una prima squadra, l’Arta Terme. Poi il lavoro prende il sopravvento e Massimo, seppur con rammarico, deve lasciare un ruolo che riprenderà nel 2018/2019. Tolto il periodo Covid, passa nelle giovanili dell’Ampezzo per poi prendere il timone della prima squadra, team di cui ne è attualmente la guida tecnica. Ma la sua voglia di calcio non si esaurisce perchè, nel contempo, vuole provare altre emozioni indossando la divisa arbitrale, uno dei pochi ruoli che gli mancava in un percorso sportivo in cui la moglie, Laura (grande donna come la definisce Massimo), è una figura importantissima.
Che genere musicale preferisci?
“Hard rock”.
Qual è un tuo aspetto caratteriale che vorresti cambiare?
“L’essere troppo diretto”.
In campo amatoriale l’arbitro non ha aiuti (guardalinee, 4 uomo etc). Qual è la difficoltà maggiore ad arbitrare una gara da solo?
“A parte gli errori che ci possono essere, non vedo particolari difficoltà”.
Il film che non scorderai mai
“Real Steel… non chiedetemi il perché ma lo avrò visto 10 volte”.
Qual è la più grande soddisfazione che hai ottenuto nella tua vita sportiva?
“Come giocatore sono durato abbastanza poco per via degli infortuni togliendomi però delle soddisfazioni. Devo ammettere che anche la figura dell’allenatore non è poi così male, anche se la soddisfazione più grande è giocare a Baskin (un basket inclusivo) con mio figlio. E’ uno sport che non so fare ma ci provo”.
E in campo amatoriale?
“Essere stato con il mio paesello (200 anime – Cabia di arta terme) per anni nella Lega Calcio Friuli Collinare dove ci siamo tolti qualche bella soddisfazione come 1999/2000 quando abbiamo centrato gli ottavi di finale. Li abbiamo perso contro il San Daniele, squadra che poi ha vinto la competizione”.
L’arbitro deve avere un ottimo self control. Ci sono stati dei casi dove hai rischiato di perdere l’autocontrollo.
“Onestamente no”.
Secondo te un arbitro, se dopo aver fischiato si rende conto di aver sbagliato, è giusto che ritorni sui suoi passi?
“Certamente, anzi direi doveroso”.
Qual è la motivazione maggiore che ti spinge a fare l’arbitro?
“Nonostante le ginocchia malandate posso correre e soprattutto svagarmi qualche ora”
Non c’è niente di meglio di…
“Bere una birra dopo le partite con i giocatori e dirigenti… e non sentirle dalla moglie perché vado a fare l’arbitro. Finalmente fai uno sport serio, dice lei …”