Iacopo Bersan, 49 anni, papà di due bimbi, è un amante della natura. Il luogo in cui vive, la Val D’Arzino, è una sorta di generatore di energia. In quei posti adora fare passeggiate, andare a correre immerso nel silenzio della natura. Una sorta di antistress, un modo per ridurre l’ansia, per riflettere e focalizzare nuovi obiettivi, sia lavorativi che personali. Lo sport, in particolare il calcio, la sua passione. Lo ha frequentato in tutte le sue dimensioni: da giocatore, da allenatore (ha il patentino Uefa B), da dirigente (presidente dell’ASD Arzino) e da arbitro. Conosce questo mondo in tutte le sue declinazioni ma, da relativamente poco, ha scoperto un calcio alternativo, quello amatoriale. Lui, che ha fatto l’arbitro in FIGC (dal 1994 al 2003), da qualche anno ha ripreso in mano il fischietto aderendo alla Lega Calcio Friuli Collinare perché adora le sfide, le nuove esperienze, il mettersi in gioco in situazioni nuove dove le regole sono relativamente diverse ma la passione è la stessa. Questo nuovo contesto gli sta piacendo e incuriosendo. Se non altro – racconta – per il fatto che pensavo di conoscere bene il mio Friuli, invece solo grazie alla Lcfc sto visitando e scoprendo Comuni e paesi che mai in vita mia avrei visto altrimenti.
Iacopo, c’è un modello arbitrale a cui ti ispiri?
“Non esiste un modello arbitrale, ma a mio parere esiste una gestione arbitrale, flessibile e diversa da partita a partita, da squadra a squadra, da giocatore a giocatore, da dirigente a dirigente. Noi arbitri dobbiamo riuscire ad entrare nella testa di tutti, nel modo giusto e nel momento giusto. Questo è il modello arbitrale per me, difficile sicuramente, ma molto sfidante e nello stesso tempo stimolante.
Qual’è l’emozione più grande che hai vissuto da quando arbitri?
“Tante emozioni, direi infinite emozioni, dalla prima partita ufficiale di Giovanissimi Provinciali a Maniago nel lontano 1994, all’ultima partita di mercoledì scorso a Ziracco. Non faccio distinzione tra arbitro Figc ed arbitro Lcfc, perchè per me un arbitro è arbitro e rimarrà sempre arbitro anche quando deciderà di smettere.
La partita di calcio che non dimenticherai mai?
“Due direi. La prima del 2002 Terzigno-Real Cassino Campionato di serie D. Partita sulla carta difficile perché entrambe le squadre erano in zona retrocessione. Pubblico delle grandi occasioni, poliziotti ovunque, tensione che si tagliava con il coltello viste anche le schermaglie della gara d’andata, la mia prima esperienza in Campania. Una bella gara, intensa, spigolosa, ma per fortuna andata bene. Mentre in Lcfc ricordo molto volentieri la finale regionale dello scorso anno tra Asd Aurora e Jalmicco calcio coadiuvato da Marco Grossi ed Andrea Lendaro, a cui va un mio carissimo pensiero”.
Hai qualche rimpianto?
“Aver lasciato l’AIA sezione di Maniago nel 2003. Tornassi indietro non lo rifarei. Avrei dovuto rimanere in Sezione, continuare ad arbitrare, ritornare nelle categorie minori e poi insegnare ai giovani ragazzi arbitri quello che magistralmente i miei padri arbitrali avevano insegnato a me”.
Qual è stato il momento, nel tuo percorso sportivo, più difficile e quello più gratificante?
“Il momento più gratificate è stato sicuramente la promozione dall’Eccellenza alla Serie D nel 1999. Quello più difficile è stato accettarne la bocciatura quattro anni dopo. Anche se va messo in preventivo che pochi riescono ad arrivare a calcare campi di Serie A, ma svegliarsi all’improvviso da un sogno non è mai piacevole per nessuno”.
Qual è stato l’ultimo regalo che hai ricevuto e in che occasione?
“Non amo fare regali, così come non me la prendo se non me li fanno. A volte basta un sorriso, una battuta, una stretta di mano, una telefonata, un “taj” in compagnia, questi sono i migliori regali” .
Quali sono i valori della vita che, secondo te, permettono un’esistenza felice?
“Serenità, umiltà, rispetto per gli altri e per se stessi”.
Qual è la cosa o situazione che più ti infastidisce nello sport?
“La poca cultura sportiva che tutti noi purtroppo abbiamo. Andrebbe insegnata di più , a partire dalle Scuole. Lo sport ed il suo insegnamento non deve essere visto come una perdita di tempo, ma come una palestra di vita”.
Quali pensi siano le tue caratteristiche più apprezzate dalle squadre?
“Il dialogo, la comprensione, la tolleranza, la tranquillità nelle decisioni ed anche, cosa molto importante per un arbitro, la preparazione atletica”.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare?
“Vorrei ringraziare Bruno, Luca e Guerrino le tre colonne del nostro settore, sempre pronti e disponibili e poi Bruno per avermi fatto il corso”.