Una finanziaria e il ruolo di arbitro. Qual è il denominatore comune? Provando a volare di fantasia possiamo trovare delle similitudini in quanto entrambi quando tutto va bene ti danno credito, ma quando le cose non vanno come previsto ti sanzionano.
Situazioni che appartengono a Stefano Cecotti, arbitro nel tempo libero che lavora in una finanziaria di un grande gruppo bancario. Stefano, persona onesta e fedele alle sue convinzioni, è un personaggio camaleontico a cui lo sport piace in tutte le sue declinazioni tanto da dedicarsi alla forma fisica in palestra, all’arbitraggio in LCFC e a seguire, come dirigente accompagnatore, una squadra FIGC (Cussignacco). Emozioni diverse che lo arricchiscono di esperienze, lo fortificano, gli fanno apprendere che lo sport può essere vissuto in modo molteplice. Basta metterci voglia, passione, responsabilità. Stefano, persona dal carattere pacato, paziente ed equilibrato, quando vuole evadere dallo stress quotidiano si rifugia in cinema e teatri. In quei contesti trova la possibilità di passare un paio d’ore spensierate o semplicemente rilassarsi respirando, a teatro, cultura ed emozioni.
Stefano, prediligi utilizzare il cartellino o il dialogo?
“Non tutte le partite hanno le stesse caratteristiche, pertanto bisogna adattarsi al tipo di situazione in cui ci si trova di fronte. Detto ciò, preferisco a inizio partita il dialogo in un clima di collaborazione, poi se i falli/proteste continuano, mi sposto a parlare con i cartellini. Ovviamente esistono casi e situazioni, però, che necessitano dal primo minuto solo eventuali cartellini da cui l’arbitro non si può esimere (non ci può essere dialogo sul cartellino rosso per esempio su un fallo da chiara occasione da gol)”.
Che tipo di musica ascolti?
“Tendenzialmente italiana di qualunque tipo, con una preferenza per quella degli anni 70/80/90”.
Qual è la molla che ti ha spinto ad arbitrare?
“Avevo 14 anni quando, per concentrarmi sullo studio e sulla scuola, dovetti abbandonare il calcio. Per rimanere comunque nel mondo del calcio, decisi (grazie anche all’esperienza passata di un mio zio) di iscrivermi al corso arbitri dell’Associazione Italiana Arbitri, realtà in cui rimasi arrivando fino ad arbitrare in Promozione e poi nel calcio a 5. Abbandonai l’Aia e arrivai nella grande famiglia della Lega calcio Friuli Collinare nel 2019”.
Il ruolo di arbitro non è facile. Se dovessi invogliare qualcuno a intraprendere questo percorso sportivo, cosa gli diresti?
“Prendere delle decisioni a volte anche nel giro di pochissimi secondi è una qualità che deve avere qualunque arbitro. Interagire con 22 persone in campo più quelle in panchina, il pubblico, ti fa crescere molto da un punto di vista caratteriale”.
Ogni arbitro ha una conduzione diversa: chi preferisce fischiare tutto, che lascia giocare etc. Nel tuo caso che tipo di arbitraggio applichi?
“Tendenzialmente mi piace lasciar giocare molto, sebbene ogni partita abbia le sue peculiarità”.
Perché, secondo il tuo parere, succede che l’arbitro non riesce sempre ad avere una coerenza di giudizio?
“A volte si intuisce che l’arbitro non ha giocato mai a calcio, quindi si vede che non riesce a cogliere/leggere il momento della gara, falli e/o situazioni simili che andrebbero trattate allo stesso modo. Altre volte l’inesperienza in generale oppure può accadere che le proteste/il pubblico, anche inconsciamente, ti condizionino”.
Quali pensi siano le tue caratteristiche più apprezzate dalle squadre?
“La possibilità, se c’è educazione e rispetto, del dialogo così come la lettura della gara e il saper stemperare i momenti di eventuale tensione”.
Cosa non sopporti nello sport?
“In quello amatoriale e dilettantistico in particolare le proteste, la maleducazione e la volontà di vincere a tutti i costi”.
E nella vita privata?
“La maleducazione e la falsità”.
Ognuno di noi ha un sogno che persegue: qual è il tuo?
“Sognare è il sinonimo del fatto che abbiamo sempre obiettivi/sogni da raggiungere. In generale, comunque, il sogno principale è quello di non avere rimpianti”.