Viaggiare è una sua grande passione. Cercare di uscire dalla zona comfort per mettersi alla prova con persone nuove, scoprire luoghi, aprire la mente a diverse culture un suo obiettivo.
Probabilmente non è la destinazione l’arrivo del viaggio ma il percorso atto a raggiungerla che gli crea una sensazione di completare, sempre più, un tassello della sua vita. Mattia Sacchetto è sicuramente un sognatore, una persona affascinata dai molti ambiti che la cultura propone come spettacoli, cinema, teatri, musica, letteratura, poesia. Situazioni che lo stimolano, gli fanno capire come si possa arricchire il proprio io attraverso rappresentazioni che parlano di amore, giustizia ma anche di processi interiori ed emozioni. Emozioni che riversa non solo nella vita privata ma anche nello sport. Mattia ha praticato parecchie discipline: sci, nuoto, tennis, pugilato e, prevalentemente calcio, tutti sport dai quali ha imparato qualcosa. Ma la pratica sportiva non gli bastava visto che, nel suo curriculum sportivo, può annotare anche direzioni di gare di pallavolo, di beach volley e di ciclismo. Insomma, una persona che, avendo agito in più ambiti sportivi, ha maturato una mentalità aperta e idee flessibili che gli permettono di adattarsi più facilmente ai cambiamenti e alle novità.
Secondo te in quale competizione trionfa l’essenza dello sport?
“Sono di Rovigo, amo e seguo con passione il rugby. Penso che questo sport mantenga tradizione e spirito di sana competitività. Si dice sia una sfida tra persone con al centro una palla, e quando non c’è più la palla rimangono le persone: come dovrebbe essere nel calcio amatoriale”.
Nella tua vita sportiva c’è una cosa che hai fatto e non vorresti più ripetere?
“Ho attraversato lo sport sotto ogni aspetto, da giocatore, spettatore e arbitro. Ho fatto tante esperienze, sbagli e magari anche qualcosa di buono. Posso dire che, nel bene e nel male, rifarei tutto, solo inizierei molto prima”.
Cos’è per te, nello sport, la libertà?
“La libertà è una meravigliosa illusione. Praticare o seguire lo sport può farci sentire liberi e felici almeno durante quei periodi”.
Qual è la spinta che ti ha portato a diventare arbitro?
“Arbitrare è una esperienza, come ogni altra attività in cui mi impegno. Conoscere e ritrovare persone e luoghi, attraversare e superare difficoltà, sono aspetti che mi hanno spinto e alimentano la mia passione”.
Secondo te qual è il tuo miglior pregio?
“La concretezza.”
Il libro che porteresti sempre con te?
“1984 di George Orwell, un libro di fantapolitica”
Che emozioni provi mentre arbitri una partita di calcio?
“Ritengo di essere sufficientemente esperto per controllare ogni emotività mentre arbitro. Cerco il dialogo e la fluidità del gioco, in modo che giocatori e spettatori si divertano. Quando ci sono persone che sono in sintonia e apprezzano questo mio approccio alla gara, allora posso dire di essere felice”.
Arbitrare è anche sfidare se stessi?
“Nonostante anni di attività mi abbiano reso quasi impermeabile a ogni tipo di situazione, aver valutato male una azione che può aver inciso sulla partita mi lascia ancora amareggiato fino al giorno dopo. Il direttore di gara è il referente in campo del regolamento, deve decidere su situazioni grigie, e lo fa non solo interrompendo l’azione, ma più spesso non fischiando. Deve sbagliare il meno possibile, questa è la sua sfida all’interno della partita. Mi piacerebbe concludere con questa riflessione.”