Luciano Candoni nasce in Argentina dove sole, tango e calcio lo accompagnano nella sua crescita personale e calcistica. Poi, dopo i 16 anni, emigra in Italia e si trasferisce a Cedarchis (UD). Paese che lo accoglie fin da subito e dove Luciano matura come uomo e giocatore.
Con quel luogo è amore a prima vista, la montagna lo affascina e sente che quel paese può essere importante per la sua vita futura. A livello sportivo si impegna subito con la squadra del paese, il Cedarchis appunto, dove giocherà per molti anni per poi proseguire la sua carriera come dirigente e allenatore, figuire in cui le soddisfazioni non sono mancate. Il calcio per lui è come il tango: passione, musica, coinvolgimento, emozioni che riversa in tutto quello che fa. Insomma una persona eclettica che grazie alla sua adattabilità e alle sue doti tecniche, ha ricoperto parecchi ruoli (libero, mediano, centrocampista) diventando una sorta di jolly che spesso ha contribuito a togliere le castagne dal fuoco ai suoi allenatori. La disponibilità, l’essere sempre una persona solare, un carattere aperto e gioviale sono doti che lo hanno sempre accompagnato nella sua vita sportiva. Anche quando ha vestito le maglie degli amatori del suo paese, della Coopca Tolmezzo e della Pizz. Al Sole 2. Ma la passione per il football è infinita tanto che Luciano, per non farsi mancare niente, decide anche di completare la sua carriera sportiva diventando arbitro. Dopo essere stato tanti anni da una parte della barricata, vuole capire cosa si prova dall’altra parte e si mette in gioco. Con successo, perché ora che ha abbandonato i ruoli precedenti, arbitrare è diventato un momento di gioia, di aggregazione, di nuove conoscenze.
Luciano, sei soprannominato Petisso. Chi ti ha dato questo soprannome e da dove deriva?
“Il soprannome mi venne dato da mia mamma quando eravamo in Argentina, poi me lo sono portato dietro fino ad ora. Significa piccoletto”.
Si può dire che il calcio è una tua grande passione?
“Si, mi piace tutto il calcio in generale, dalle partite giovanili fino alle massime serie.”
C’è un arbitro a cui ti ispiri e perché..
“Attualmente un arbitro che mi piace per la sua personalità è Orsato”.
Quando vai in campo come riesci a gestire le emozioni?
” Per me ogni partita è importante. Le emozioni ci sono però, ormai a sessant’anni, riesco a trattenerle e gestirle.
Meglio un piatto della tradizione friulana o un piatto di un ristorante stellato?
“Sono una buona forchetta, mi piace mangiare tutto. Se dovessi scegliere non avrei dubbi: la tradizione friulana, sempre”.
C’è qualcosa di imbarazzante che ti è successa nel calcio?
“Di imbarazzante no, soltanto episodi simpatici”.
La partita/e di calcio che non dimenticherai mai?
” Come arbitro ricordo con molto piacere la semifinale over 40 tra Manzano e V.G San Daniele, partita bellissima con tutti giocatori di altissima qualità e correttezza. Come tifoso la finale della mia Inter contro il Bayern a Madrid, una sfida che non posso dimenticare”.
Tu arbitri da molto tempo. Qual è la molla che ti spinge ancora ad arbitrare?
“Passione, passione e ancora passione”.
Hai qualche rimpianto?
“No, rifarei tutto un’altra volta”.