Persona dotata di tenacia e grande coraggio, ha saputo costruirsi un percorso di vita importante, sia a livello lavorativo che sportivo. In quest’ultimo ambito ha sempre seguito la sua stella cometa, il calcio, disciplina che lo ha visto e lo vede protagonista in diverse sfaccettature. Dopo aver mosso i primi passi alla Majanese, società in cui è rimasto fino a quando si è arruolato in Polizia, Luca De Cecco è passato al Farla, squadra amatoriale del suo paese dove, oltre a giocare, ha ricoperto per quasi 20 anni il ruolo di presidente. Ma lo sport è nel suo DNA, toglierli la possibilità di fare attività fisica e come fargli mancare l’aria tanto che Luca non disdegna di dedicarsi a lunghi giri in bicicletta, a praticare lo sci (fondo e discesa) o a scalare qualche montagna. Attività che gli permettono di rigenerarsi, di stare con gli amici ma anche di uscire dalla quotidianità e, magari, di pensare a come programmare la sua vita. D’altronde sono discipline che spesso ti permettono di stare solo con te stesso, di essere avvolto nella “musica” della natura e che ti fanno capire quali possono essere i tuoi traguardi e i tuoi limiti.
Luca, tu hai conosciuto molti ruoli nel campo sportivo. In successione sei stato giocatore, dirigente, arbitro e procuratore di lega. Qual è il ruolo che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
“Tutti i ruoli che ho ricoperto mi hanno dato e mi danno soddisfazioni. Non c’è uno in particolare. Ognuno ha il suo fascino”.
C’è un aneddoto che ricordi relativo ai tuoi ruoli?
“Il ruolo di Procuratore me l’hanno proposto Tonino e Pettoello dicendomi: visto che tu sei in Polizia sei più facilitato a interpretare quel ruolo, non avresti problemi a farlo. Tanto da noi non succede mai nulla. Visti i presupposti ho accettato. Il problema principale è che da quando ho accettato i casi, da nulla, sono diventati parecchi”.
Qual è il caso più difficile che hai dovuto affrontare da procuratore?
“E’ difficile stabilirlo perché ho toccato varie tipologie di indagini che hanno coinvolto giocatori, arbitri e casi di razzismo. Bisogna dipanare il bandolo della matassa cercando di trovare la verità dei fatti attraverso una serie di azioni. E’ essenziale portare al giudice gli elementi necessari perché possa emettere una sentenza corretta”.
Sei stato un buon giocatore e un ottimo dirigente. Come mai hai deciso di cambiare ruolo vestendo la casacca arbitrale?
“Ho voluto mettermi in discussione con questo ruolo nuovo per vedere le sensazioni da un’altra parte del gioco”.
E’ stato facile adattarsi al nuovo ruolo per uno che come te, da giocatore, non le mandava a dire?
“Forse per me è stato più facile iniziare ad arbitrare perché conoscevo già i comportamenti che avevano i giocatori in campo avendo giocato per 40 anni. Da giocatore sono sempre stato tosto, non mollavo mai, non tiravo indietro il piede. Sono partito da attaccante nelle giovanili, negli amatori ho giocato da esterno e ultimamente in difesa. Ero uno che all’attaccante stava sempre attaccato. Con l’arbitro in campo ho avuto buoni rapporti anche perché, essendo stato anche capitano della squadra, mi confrontavo spesso con lui. Sempre educatamente con botta e risposta e, devo dire, che da giocatore ho ricevuto espulsioni non per proteste ma solo per falli di gioco”.
Che sensazioni hai avuto quando hai diretto per la prima volta? E’ stato difficile cambiare ruolo o ti è venuto più facile perché conoscevi le dinamiche di campo?
“Sensazioni molto positive a parte all’inizio della prima mia gara che ho diretto. Li mi sono accorto veramente quanto noi giocatori rompiamo le scatole all’arbitro. Mi sembrava di essere al mercato, tanto che, dopo 10 minuti, ho richiamato i due capitani avvisando loro di comunicare ai loro giocatori che da quel momento non volevo più sentire che qualcuno mi richiamasse per falli visti da loro o fuorigioco etc”.
Cosa diresti alle persone per convincerle a venire ad arbitrare in Lega Calcio Friuli Collinare?
“Negli ultimi anni purtroppo la mancanza degli arbitri si fa sentire sempre più. E’ un problema non solo del calcio ma anche di altre discipline. Probabilmente le polemiche nei confronti di questo ruolo pesano, ma posso garantire che questa figura vi permette di prendervi parecchie soddisfazioni. Se poi siete giocatori, passare a questo ruolo è più facile perché riuscite a capire meglio certe dinamiche di gioco e analizzare i comportamenti che ne derivano. E poi girate il Friuli, conoscete posti e gente nuova, state all’aria aperta e fate della sana attività agonistica”.
Sei una persona a cui piace organizzare feste, eventi etc. Secondo te perchè è sempre più difficile coinvolgere le persone in un qualsiasi progetto?
“E’ sempre più difficile appassionare le persone in qualsiasi progetto perché bisogna fare tanti sacrifici senza essere retribuiti. E nel volontariato c’è sempre meno gente. Alle persone piace arrivare sul posto e trovare tutto pronto. Ho come l’impressione che si fatichi a ragionare a livello collettivo ma ci sia partecipazione solo per interesse personale. Molti non capiscono che per organizzare qualsiasi evento c’è da seguire tutto un iter organizzativo che richiede impegno e coinvolgimento e questo rende sempre più difficile dedicarsi a qualsiasi piano di lavoro”.
Dicono che ora che sei in pensione sei sempre alla ricerca di nuove esperienze di viaggio. Cos’è per te la libertà?
“Amo la libertà. E’ stare all’aria aperta, avere l’autonomia di scegliere quando, dove e con chi vuoi andare. Viaggiare attraverso la nostra bella Italia, a piedi o in bicicletta, da delle emozioni forti. E fino che la salute mi consentirà cercherò di soddisfare questi bisogni”.