In età giovanile, pur essendo grande appassionato di sport, non pratica alcuna disciplina in quanto il suo fisico, leggermente sovrappeso, lo induce a evitare prestazioni atletiche. Con la crescita la situazione si evolve, il fisico cambia e, verso i 19 anni, sente una sorta di richiamo. Vuole mettersi in gioco, con gli altri e con se stesso. L’arbitraggio potrebbe essere una buona soluzione per crescere, per trovare autostima, per cercare di entrare nel mondo dello sport in maniera attiva. Si iscrive al corso arbitrale della FIGC e, da quel momento, inizia un’avventura che, ancor oggi, sta vivendo. I tempi sono cambiati, agli inizi si arbitrava ancora con la camicia bianca sotto la giacchina nera con bordini blu, ora i colori delle divise sono più fantasiosi. In tutto questo periodo Giuseppe Fusaz non ha mai mollato. Dopo aver diretto gare per 10 anni in figc, raggiungendo la possibilità di dirigere gare nella massima categoria regionale, ha arbitrato anche in parecchi Enti e organizzazioni. Ma la voglia di conoscere da vicino altri sport lo ha sempre accompagnato e Giuseppe, anche per seguire i suoi figli, comincia a praticare, contemporaneamente all’arbitraggio, corsa e ciclismo. Discipline che gli fanno capire come, in un evento sportivo, bisogna mettere in campo pazienza, determinazione e spirito di sacrificio. Probabilmente, anche da queste esperienze sportive ha capito che il suo carattere impulsivo, quello che manifestava in età giovanile, andava tarato. Comincia, prima di prendere decisioni di pancia, a ragionare sulle decisioni da prendere, riuscendo nel tempo a smussare quegli angoli caratteriali che avrebbero potuto metterlo in difficoltà.
Giuseppe, c’è un tuo aspetto del tuo carattere che vorresti cambiare?
“Adesso come adesso ( in fin dei conti vado per i 70 anni) mi tengo il mio carattere così com’è”.
Spesso ci sono azioni critiche che necessitano di sanzioni. Prima di sanzionare un giocatore ritieni sia corretto provare a utilizzare il dialogo o estrarre il cartellino è più efficace?
“Credo di aver raggiunto un certo equilibrio e, nel limite del possibile, cerco prima il dialogo. Solo quando capisco che ciò non è possibile intervengo, come da regolamento, con i cartellini”.
Quali sono state le migliori soddisfazioni che hai ottenuto nella tua vita?
“Nella vita privata indubbiamente la mia famiglia. Lato sportivo invece l’aver potuto arbitrare, con altro Ente, i campionati nazionali. Inoltre, devo anche ammettere che, ogni piccolo miglioramento che ottenevo negli sport che facevo, era motivo di grande soddisfazione. Ultimamente mi sto togliendo qualche bella soddisfazione anche in LCFC: dopo poco tempo che sono entrato a far parte del gruppo arbitrale, sono stato scelto per dirigere alcune finali di calcio a 5. Un bel riconoscimento”.
Secondo te un arbitro, se dopo aver fischiato si rende conto di aver sbagliato, è giusto che ritorni sui suoi passi?
“Ritengo che, se la partita lo permette, l’arbitro debba sempre ammettere il proprio eventuale errore, specialmente in campo amatoriale”.
Qual è la motivazione maggiore che ti spinge a fare l’arbitro?
“Indubbiamente la grande passione per il calcio che coltivo fin da quando ero bambino. Penso che la figura dell’arbitro sia un elemento fondamentale in questo magnifico gioco”.
C’è una partita amatoriale che hai diretto e che non ti scorderai mai?
“Non c’è ne una in particolare. Spero che la partita che non mi scorderò mai sia sempre la prossima. Questo per avere sempre la motivazione giusta per rispetto verso le squadre che arbitrerò”.
Come ti senti dopo aver arbitrato una partita in cui hai avuto apprezzamenti per il tuo operato?
“Di solito ti senti soddisfatto. L’importante, secondo me, è avere a fine partita la consapevolezza di aver fatto tutto quello che era nelle mie possibilità nel migliore dei modi”.
Un tuo obiettivo personale?
“Continuare a stare bene e poter continuare ad arbitrare ed a svolgere le mie varie attività”.