Chi avrebbe detto che Andrea Moro sarebbe diventato un arbitro. Se lo chiedono anche i suoi vecchi compagni di squadra che, abituati a vederlo “agitato” nelle sue performance calcistiche, appena appreso la notizia, si sono chiesti cosa fosse scattato nel loro amico. Ma Andrea, ha avuto un illuminazione, ha voluto provare nuove emozioni, ha cercato di trovare una sua completezza interiore mettendosi alla prova in un ruolo che spesso contestava. Lui, anche appassionato di sci, non ha temuto di saltare ostacoli emotivi, si è subito lanciato in una discesa libera di sensazioni che gli hanno regalato nuova adrenalina facendogli tagliare un nuovo traguardo che lo ha depurato da tutte quelle negatività caratteriali che aveva, in passato, nel calcio giocato. Andrea è radicalmente cambiato, ha compreso la necessità che per capire le persone bisogna mettersi nei loro panni, di trovare una sorta di empatia che serva a prendere decisioni corrette. Situazioni che prova a traslare nel ruolo di arbitro, funzione che ricopre da 5 anni.
Aver giocato a calcio per molti anni ti è servito per poter poi prendere decisioni in veste di arbitro?
“Decisamente si. Sicuramente è servito moltissimo nell’insegnarmi come leggere molte situazioni di gioco, oltre che nel gestire le discussioni con i giocatori delle diverse squadre…soprattutto con quelli che si scaldano più facilmente! (come me quando giocavo)”.
A livello sportivo hai qualche rimpianto?
“Il più grande è quello di non aver mai allenato una squadra di calcio. Mi sarebbe sempre piaciuto allenare partendo dalle giovanili e poi magari (perchè no?) passare a qualche prima squadra. Purtroppo, però, a causa degli impegni lavorativi, non ho mai avuto il tempo necessario”
Quali sono le emozioni più ricorrenti quando arbitri una partita di calcio?
“Le tre emozioni più ricorrenti sono senza dubbio tensione, felicità e soddisfazione. Tensione, perchè per 80 minuti devi stare veramente attento a tutto, compresi 22 giocatori, panchine, dirigenti e tanto altro! Felicità, perchè passare le serate sul campo da calcio rimane sempre una delle cose più belle che si possa fare. Soddisfazione quando alla fine della partita ricevi qualche complimento dal pubblico oppure dai giocatori o dirigenti delle squadre che arbitri. E’ davvero una bellissima sensazione”.
Lo scorso anno hai diretto più di 50 partite. Qual’è stata quella più complessa da arbitrare e quella che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
“Dognese – Arta Terme è stata la partita più complessa, ma anche quella che mi ha dato maggiori soddisfazioni. Alla fine di una partita molto tirata, entrambe le squadre, vincitori e vinti si sono complimentati. Non è una cosa che succede tutti i giorni, soprattutto in partite cosi importanti e difficili”.
Cos’è per te l’amatorialità?
“L’amatorialita’ per me è la passione per uno sport che ami. Sicuramente il livello tecnico o atletico è diverso rispetto alla categoria, però negli occhi di tutti quelli che arbitro vedo la stessa cosa: la passione per il calcio”.
La prima cosa a cui pensi la mattina appena sveglio?
“Come organizzare la giornata, lavorativa, familiare e sportiva. Il lunedì’ e il venerdì ogni mattina penso anche se il borsone l’ho caricato in macchina prima di partire da casa, perchè spesso vado ad arbitrare direttamente dopo lavoro e quando lo dimentico sono sofferenze”.
Quando una prestazione arbitrale non va come vorresti come reagisci?
“Sono il primo a rimanerne male, quello che solitamente faccio è cercare di capire come correggere o evitare che certe situazioni si ripresentino. Poi penso subito alla prossima partita, cercando di dare sempre il meglio di me”.
Qual’è la situazione della vita che ti rende più felice?
“Ci sono diverse situazioni che mi rendono felice nella vita, devo dire che le griglie della domenica con famiglia e amici sono sicuramente tra quelle, soprattutto quando anche mio figlio rientra dalla Svizzera per venire a trovarmi”.