Un giocatore che mette sempre al servizio delle proprie squadre il suo talento, un atleta che ama spaziare in più discipline, che sa adattarsi a ogni situazione di campo. Un personaggio eclettico che tanti allenatori vorrebbero e che cerca sempre di dare il massimo in tutto quello che fa. Stiamo parlando di Alessandro Fatovic, una delle attuali colonne portanti degli Sbragabalon, squadra con cui si diletta in entrambi i campionati (amatori e persistenti) a cui la squadra ducale è iscritta. Un uomo, alla soglia dei 50, che non ha perso l’amore per il calcio, sport praticato fin da piccolo con ottimi risultati tanto da riuscire a militare in Eccellenza con la Serenissima Pradamano e in Promozione con il Lucinico. Il lavoro poi lo ha portato lontano dai suoi affetti, alcuni paesi stranieri sono stati la sua casa per molti anni. Qui ha potuto sfruttare l’amore per i viaggi, la voglia di conoscere lingue nuove e di apprendere culture e modi di vivere, anche nello sport, diversi. La sua curiosità, lo scoprire mondi alternativi, la voglia di mettersi sempre in gioco, un pizzico di ambizione, lo ha formato caratterialmente, lo ha reso una persona consapevole delle proprie capacità. Il decidere in tempi brevi, sfruttare le opportunità, cercare di fare la scelta giusta al momento giusto, la serietà, sono caratteristiche che, oltre nella sua vita privata, trasla anche sul campo da gioco dove, grazie a doti come rapidità, corsa e tecnica, fanno di Alessandro un giocatore che riesce a essere sempre un attore protagonista.
Qual’è il miglior compagno di squadra con cui hai mai giocato?
“Non ce n’è uno in particolare. Mi piace giocare con compagni veloci, disponibili agli scambi rapidi che, tramite brevi triangolazioni, mi permettono di arrivare facilmente al tiro”.
Secondo te quale è la caratteristica principale di un calciatore amatoriale?
“La motivazione. Per un Over 40, impegnato quotidianamente al lavoro ed in famiglia, non è semplice ritagliarsi del tempo da dedicare allo sport di squadra che, se pur sempre amatoriale, richiede una certa costanza nella preparazione e nel mantenimento di un’adeguata condizione fisica, al netto degli infortuni”.
Hai giocato nel calcio amatoriale anche in Cina. Quali sono le principali differenze tra il loro modo di vivere lo sport e il nostro?
“In Cina ho giocato nei campionati amatoriali sia di Pechino che di Shanghai, sia a calcio a 11 che a 5. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con giocatori provenienti da tutto il mondo, alcuni dei quali avevano militato anche nei campionati professionistici del loro Paese. Il governo cinese sta investendo molto nello sport, in particolare nel calcio giovanile. Tuttavia manca ancora una vera e propria cultura e storia calcistica. I cinesi con cui mi sono confrontato avevano un ottimo atletismo, giocavano un calcio corale e veloce. Tuttavia erano carenti nelle giocate individuali, in cui era richiesto maggiore estro e fantasia”.
Tu hai giocato sia a calcio a 11 che a 5. Secondo te le tue caratteristiche tecniche a quale disciplina si adattano meglio?
“Ho sempre cercato di sfruttare la mia velocità. Nel calcio a 11 giocavo nel ruolo di ala e mezzala destra e mi divertivo a percorrere la fascia dalla difesa all’attacco. Ho cercato di mutuare questa mia caratteristica anche nel calcio a 5, giocando d’anticipo sugli avversari, liberandomi ed andando al tiro in spazi e tempi brevi”.
Qual è il tuo rapporto con gli arbitri?
“Rispetto la categoria. Anche loro, come noi, ritengo siano persone motivate ed appassionate a questo sport, per le ragioni che spiegavo sopra”.
Giochi in due squadre di calcio a 5. Qual è la molla che ti spinge a impegnarti su due fronti?
La sfida. Alla soglia dei 50 (ahimè…) è molto stimolante riuscire ancora a confrontarsi con ragazzi di 20/30 anni e magari, come spesso accade, tenergli testa e portare a casa il risultato…Il doppio impegno settimanale (Amatori e Over 40) mi permette poi di avere una certa continuità e mantenermi allenato.
Come giocatore, a livello caratteriale, come ti descriveresti?
“Determinato ed altruista. Mi piace giocare per la squadra anche se spesso non disdegno azioni in solitaria, quando intravedo spazi per la corsa o il tiro”.
Qual è la più grande gioia che ti ha dato il calcio?
“A 18 anni, in Eccellenza con la Serenissima di Pradamano, facemmo un’amichevole infrasettimanale con l’Udinese di Balbo, Dell’Anno, Sensini, Calori. Al netto del risultato…fu un’esperienza unica. Non capita a tutti di giocare una partita ufficiale (seppure amichevole) con una squadra di Serie A…e che squadra!”
Se potessi fare un rewind sul film della della tua vita sportiva, c’è qualche delusione che vorresti evitare (e perché)?
“L’anno prima di giocare in eccellenza, sempre con la Serenissima di Pradamano, vincemmo il campionato Regionale Under 18, battendo anche la “mitica Sacilese” di Ballarin (che successivamente militò in Serie B), Ceolin e Giavon. Successivamente, per le qualificazioni del nord-est, andammo a giocare al Penzo contro il Venezia. Vincevamo 2-0 ma alla fine perdemmo 5-2. Loro poi arrivarono in finale allo stadio Flaminio…noi tornammo a casa con il rammarico di aver perso un’occasione più unica che rara”.
C’è un luogo comune sul calcio che ti da fastidio ascoltare?
“In realtà no. Per usare le parole di Pelé, “il calcio è musica, danza e armonia. Non c’è nulla di più allegro della palla che rimbalza”.