E’ un grande appassionato di storia, materia che lo coinvolge quasi emotivamente. Oltre ad averla studiata con dovizia di particolari, ha pubblicato due libri e un paio di articoli scientifici. Una materia non proprio allegra, che forse ha portato a Tommaso Chiarandini a tendere al pessimismo, a vedere le cose non sempre in maniera positiva. Ma questo suo aspetto caratteriale è mitigato da una sorta di humor all’inglese, da una certa sagacia che lo porta, nonostante tutto, ad essere pragmatico e a privilegiare la speranza di trovare, a breve, una sua collocazione definitiva in un mondo del lavoro che, dopo averlo visto svolgere qualche lavoro manuale, da un paio d’anni lo vede proiettato verso la carriera dell’insegnamento.
Tommaso, attualmente assegnista all’Università di Trieste, ha parecchi hobby: la lettura, la musica e il calcio. Qui, dall’età di 7 anni, comincia a giocare tra i pali. Da allora ha sempre difeso le porte tranne nel 2014 quando, a un torneo tra amici, ha voluto vivere le emozioni di un giocatore di movimento procurandosi però la frattura del malleolo. Esperienza traumatica che, una volta superata, lo ha ricondotto al ruolo di estremo difensore. Se caratterialmente si definisce un sostanziale pigro, quando è tra i pali questo aspetto non si percepisce. Voglioso, pronto a mettersi in gioco, reattivo e capace di comandare la difesa, risulta affidabile e piacevolmente combattivo. E quando sveste la maglia è uno di quelli che anima il terzo tempo con i suoi racconti, con le sue narrazioni storiche, con il desiderio di condividere obiettivi trasparenti che possano essere d’aiuto al gruppo.
Tommaso, raccontaci la tua storia nel mondo del calcio
“Da questo punto di vista la mia è una “storia” come tante. Ho iniziato da piccolo nella squadra del mio paese, e poi ho fatto tutta la mia onesta e mediocre trafila delle giovanili in giro per il Medio Friuli. Ho smesso con la FIGC prima dell’ultimo anno degli Juniores, un po’ per qualche “colpo basso” della dirigenza della mia squadra di allora, un po’ per dedicarmi ad altro, tra cui la musica. Dopo un paio d’anni, ho rimesso i guanti per giocare a 5, nella Lcfc, assieme a mio fratello e a mio padre. Da allora (se non ricordo male, era il 2006) provo a fare del mio meglio in mezzo ai pali…”
Fai parte anche di un complesso musicale particolare. Ce ne parli?
“Immagino si faccia riferimento a Les Tambours de Topolò… In questo caso, è un gruppo di percussioni il cui strumento principale sono i barili da 200 litri, suonati con manici di badile appositamente segati. Diciamo che rimane un ottimo modo per sfogarsi”!
Hai giocato grandi stagioni a calcio a 5, ora sei tornato alle origini approdando nel calcio a 11. Qual’è la disciplina più vicina alle tue caratteristiche e perché?
“Sicuramente il calcio a 5. Nella porta e nell’area piccola le mie tante debolezze (come le uscite alte parecchio rivedibili, per dirne una) non condizionano più di troppo, e il ritmo e le caratteristiche dello sport mettono più in luce i punti forti, come le parate d’istinto”.
Dicono tu sia il filosofo del gruppo. Perché pensi ti abbiano attribuito questa definizione?
“Temo sia perché ho commesso l’imperdonabile errore di continuare a studiare non solo dopo il liceo, o la laurea triennale, ma anche dopo la laurea specialistica in Storia. E dopo simili insani gesti è inevitabile che ti restino attaccate addosso etichette del genere”.
Hai scritto anche per la Lcfc. Ritieni che la programmazione editoriale del sito sia corretta o modificheresti qualcosa?
“La programmazione è attiva e di buon livello, specie se si considera che nessuno segue il sito come mestiere, ma lo fa per passione, nel tempo libero. Ovviamente, si può sempre migliorare qualcosa, ma a mio avviso molto (se non tutto) dipende dagli spunti e dal feedback delle squadre e dei tesserati. Più questi soggetti scrivono e partecipano, più (e meglio) la redazione può raccontare la Lcfc e le sue mille facce”.
Veniamo ai Carioca, tua squadra attuale. Pur avendo buone potenzialità ha alternato risultati di spessore ad altri meno buoni. Secondo il tuo parere cosa manca per dare un salto di qualità?
“La cosa è frustrante perché – a livello umano – siamo un gran bel gruppo, con qualche giocatore anche di altissimo livello. A mio avviso tantissimo però dipende dalla condizione fisica, dagli impegni e dagli infortuni. L’anno scorso, ad esempio, nella seconda fase abbiamo avuto praticamente tutta la rosa disponibile e siamo riusciti a fare un gran campionato. Quest’anno, invece, oltre ad aver perso per varie ragioni alcuni giocatori di qualità, la dea bendata sembra aver deciso di andare a comprare le sigarette, e “sfighe” ed infortuni si stanno susseguendo senza pietà, colpendo soprattutto i giocatori più significativi. Un altro aspetto è quello mentale. Ogni tanto sembriamo dimenticarci testa e “garra” neanche negli spogliatoi, ma direttamente a casa, e al primo mezzo errore ci lasciamo andare. Poi, però, la settimana dopo, con gli stessi uomini, riusciamo a rimanere tranquilli, determinati e a giocarcela come sappiamo. Appunto, frustrante. E se qualcuno sa come risolvere questo genere di problema, mi faccia pure un fischio che impostiamo la consulenza…”
C’è una parata che ti ricordi più di altre?
“Va detto che tendo a ricordarmi più i gol presi che le parate fatte, ma ti direi una parata a 5 con gli Amatori Forever, non mi ricordo né l’anno (forse il 2008?) né l’avversario, ma ricordo che era nella palestra di Nimis. Contropiede avversario 2 contro 0, mi trovo a tu per tu con l’avversario che arriva dalla mia fascia sinistra, lui la scarica in mezzo per il tap in a porta vuota del compagno ma io, non so bene come (anche se erano ancora gli anni in cui riuscivo a correre e saltare) mi tuffo sulla destra e lo muro con le due mani per il corner. Poi abbiamo perso lo stesso, eh, ma piccole soddisfazioni. Per par condicio ne aggiungo una a 11, durante l’ultima partita della seconda fase della scorsa stagione, a Cervignano, contro le Aquile. Vincendo quella partita, vinciamo il girone. E niente, a qualche minuto dalla fine, sull’1 a 0 per noi, un attaccante avversario mette un bel tiro a giro sulla mia sinistra; mi tuffo con la mano di richiamo, la sfioro con la punta del medio, la palla tocca l’incrocio dei pali e va in corner. Per fortuna che non ci sono video della cosa, perché probabilmente a riguardarlo ora si vedrebbe un signore di mezza età con la barba che arranca, si inciampa, alza le mani al cielo e cade a terra a 2 all’ora mentre un pallone attraversa a caso l’inquadratura. Ma io me la ricordo così, e poi quella partita l’abbiamo vinta 1 a 0. Di parate ne avrò forse fatte di più belle, ma questa ha contato davvero, ed è l’unica cosa importante”.
Svelaci un tuo pregio e un difetto
“Alla voce pregio potrei dire che sono affidabile. Non necessariamente come portiere, ma diciamo che quando mi assumo un impegno, qualunque esso sia, lo prendo sul serio e cerco di aiutare come posso. Per i difetti c’è l’imbarazzo della scelta. Qualche mio compagno ti direbbe senz’altro che il mio vizio di correggere la grammatica dei messaggi sulla chat di squadra o i congiuntivi al chiosco siano un po’ una rottura di zebedei. Per me, invece, è forse un certo eccesso di pessimismo, o cinismo, che spesso mi rende difficile godermi le cose belle che – ogni tanto, eh – accadono”.
Se dovessi abbinare una colonna sonora alla tua vita, che musica sceglieresti?
“La musica che ho suonato per una vita, il punk rock. Se dovesse essere una sola canzone, diciamo The decline dei NOFX. 18 minuti e 20 di canzone, quindi da qui alla tomba si risparmierebbe un po’ sui ri-ascolti totali”.
I tuoi prossimi obiettivi ?
“Sportivi, finché il mio corpo me lo consentirà, continuare a giocare tra i pali, così mi posso rotolare un po’ per terra e dopo la partita, con le endorfine ancora in circolo, bere birre al chiosco in buona compagnia. Personali, imboccare in via definitiva (e, magari, un giorno, non precaria) la strada dell’insegnamento, sperando di non fare troppi danni con i ragazzi che avranno la sventura di finirmi tra le mani e trasmettere almeno un po’ della passione per la mia materia”.