Ottanta richiedenti asilo, 70 tesserati della Lega Calcio Friuli Collinare, 30 allenamenti distribuiti tra Udine, San Daniele, Villa Santina e Trieste: sono alcuni numeri del progetto Calcioxenìa, presentato il 20 gennaio 2017 alla sala Pasolini del palazzo della Regione a Udine, la cui conclusione è prevista per domenica 12 febbraio con un torneo che coinvolgerà 12 squadre.
Grazie alla collaborazione con le associazioni sportive V.G. San Daniele, Amici lcfc calcio a5 Udine, Amici lcfc calcio a11 Udine, A.S.D. Polisportiva Valtramontina, Dream Team San Daniele, Polisportiva Fuoricentro Trieste, Amici calcio Carnia, No Borders Trieste e in concerto con le amministrazioni pubbliche della Regione Friuli Venezia Giulia (Assessorato Cultura Sport e Solidarietà), del Comune di Udine, del Comune di San Daniele del Friuli, del Comune di Tramonti si è potuta realizzare una manifestazione che ha come unico scopo il favorire l’inserimento sociale e culturale di ragazzi rifugiati. Il progetto si chiama «calcioξενία». Xenìa in greco antico riassumeva il concetto di ospitalità: il rispetto del padrone di casa verso l’ospite e viceversa.
Il progetto è stato presentato dall’Assessore Torrenti che ha esordito spiegando come questo sia un progetto innovativo che non deve essere conclusivo ma l’inizio di una via da percorrere per trovare una giusta dimensione ricordando che lo sport è un buon viatico di conoscenza reciproca ma anche di rispetto delle regole”
L’intervento della presidente della Regione Debora Serrachiani, che ha ringraziato chi fattivamente si è mosso per dare un senso a questo difficile progetto, ha puntualizzato come proprio durante gli allenamenti si crea il gruppo, si condividono dinamiche di conoscenza e di rispetto. Concetti ribaditi anche da Giampaolo Bertoli e Fabrizio Pettoello, due dei fautori di questa iniziativa che, oltre a illustrare le caratteristiche organizzative della manifestazione, hanno spiegato ed evidenziato come la Lcfc sia nata per dare risposte e cercare di superare tutte le differenze senza pregiudizi.
“La nostra non è una scelta politica, ma un’altra opzione legata esclusivamente alla nostra visione di uno sport che noi riteniamo possa essere un potente veicolo di solidarietà e integrazione, anche se siamo consapevoli che andiamo in controtendenza rispetto al pensiero popolare – dichiara il presidente della LCFC Daniele Tonino. E’ vero che in questi periodi i luoghi comuni si sprecano ma bisogna fare una distinzione tra quello che sono i ragazzi rifugiati, tutti censiti dalla Regione, e altri tipi di immigrati. I rifugiati sono persone costrette a fuggire dalla loro terra d’origine per gravi motivi – spesso per guerre e conflitti civili – costretti dal destino a fare una scelta dolorosa con lo scopo di trovare, in altri Paesi, una luce che possa offrire loro delle speranze, delle aspettative di vita diversa. Quando la Lcfc è nata – continua – si è posta l’obiettivo di creare un attività sportiva senza vincoli e pregiudizi, che avrebbe permesso a tutti, bravi e meno bravi, di divertirsi in squadre dove avrebbero potuto giocare un calcio vicino alle loro motivazioni, esigenze, caratteristiche e capacità motorie, creando nel contempo aggregazione e socializzazione. Ma uno degli obiettivi con cui siamo nati e cresciuti è anche il principio di solidarietà. Questa nostra identità è scritta nella nostra carta dei principi. Lo dice, nello specifico l’articolo 2, comma D. Per questo abbiamo sempre cercato di creare iniziative, spesso passate sotto traccia, che coinvolgessero persone meno fortunate di noi. In passato abbiamo organizzato tornei con persone diversamente abili, con bambini con sindrome di Down, con ragazzi che hanno ritardi cognitivi, senza nominare tutte le associazioni a cui è stata fatta beneficenza. Oggi l’idea – prosegue Tonino – è quella di regalare ai rifugiati qualche ora di felicità, di divertimento, magari integrandoli in qualche squadra che voglia condividere con loro la stessa passione, quella per il calcio. Un operazione che non vuole destare inutili polemiche ma che tende solo a far conoscere culture e scuole di pensiero diverse. Un momento di confronto, anche se su un campo di calcio, che può essere un atto per limare forme di emarginazione e razzismo. Tutti parlano di solidarietà, integrazione, aiuti, ma poi, fattivamente, ognuno pensa al proprio orticello pur sapendo che magari, regalando dei semi, potremmo far crescere speranze anche su terreni diversi. Lasciamo alla coscienza di ognuno la libertà di decidere se poter essere parte di un nuovo progetto di integrazione. Certo che questa potrebbe essere una buona occasione che il calcio, possa essere un buon viatico per poter dire serenamente CONOSCIAMOCI”.