Bruno Marcuzzi, una passione vissuta sul campo. Questo potrebbe essere il titolo del film della sua vita sportiva, la cui trama racconterebbe come, dai sogni di gloria degli inizi, il suo percorso si sia evoluto prendendo strade diverse rispetto agli obiettivi iniziali. Partito dal settore giovanile del Donatello, ha giocato qualche campionato tra seconda e terza categoria per poi passare tra le fila amatoriali in cui si è divertito per circa 20 anni. Iniziando dal mitico “circus” di Geretti e Gastaldo negli anni ’80, dopo qualche anno nelle fila dell’Ancona 2 in FIGC, approda agli over targati LCFC. In campo si definiva un jolly che poteva interpretare dal ruolo di ruvido sistematore di caviglie altrui a quello di volonteroso punteros senza disdegnare, all’occorrenza, il lavoro oscuro di mediano. La sua ecletticità sul terreno di gioco non svanisce quanto decide di appendere le scarpe al chiodo perché la passione per lo sport che lo anima gli consente di rimanere nel mondo del calcio in ruoli diversi. Prima diventa dirigente, poi prova a rimettersi in gioco come arbitro. Dirige per otto anni, trova un ambiente che lo valorizza e, dopo qualche anno di gavetta, viene eletto Responsabile del settore arbitrale della LCFC. Con lui facciamo una breve chiaccherata.
Bruno, sei arrivato ad arbitrare dopo un percorso che ti ha portato a misurarti in molti ruoli del calcio. Qual è stata la molla che ti ha spinto a indossare la divisa arbitrale?
“Il fisico cominciava a patire i contrasti ma la voglia di restare in campo era molta. Avevo esperienza come giocatore e avevo spesso giudicato in modo superficiale e ingiusto gli arbitri senza capirne i meccanismi e le difficoltà. Ho voluto provare a mettermi nei loro panni”.
Sei al timone del Settore da 7 anni. Cosa è cambiato con il tuo avvento rispetto al passato e quali criticità devi affrontare per mantenere dritta la rotta?
“Credo non sia cambiato tantissimo, i miei predecessori hanno seminato bene. Ritengo sia cresciuto il livello tecnico medio degli arbitraggi, senza trascurare che una generale crescita dell’amatorialità e della correttezza delle squadre stanno facilitando il compito. Le criticità, tutto sommato, sono gestibili facilmente. Rispetto al passato c’è maggior disponibilità verso gli interlocutori e un crescente rispetto dei ruoli”.
E’ vero che gli arbitri che vengono dalle squadre riescono a integrarsi più velocemente nel nostro contesto amatoriale?
“Percentualmente credo sia vero. Certamente il periodo di adeguamento risulta spesso più semplice per giocatori e dirigenti che conoscono già le dinamiche e gli scenari amatoriali, ma non è per forza scontato. Ho visto anche ragazzi arrivare da altre federazioni ed integrarsi velocemente, dipende sempre da come affronti questa avventura. Il segreto per entrare subito in sintonia sono disponibilità, umiltà, voglia di apprendere molto da una nuova esperienza pur essendo consci di poter offrire molto”.
Il settore è in continua evoluzione. State valutando nuove iniziative in ottica di reclutamento e di proposte?
“Il nostro è un settore che deve rimanere al passo con i tempi. Cerchiamo di migliorare sempre il livello delle prestazioni e l’uniformità di applicazione dei regolamenti e in quest’ottica credo sia importantissimo il ruolo di Formatore e di visionatore degli arbitri della LCFC. Contemporaneamente, l’inevitabile ciclo di ricambio della forza arbitrale (l’età e il tempo non risparmiano nessuno), costringe a ricercare costantemente nuovi direttori di gara. E prossimamente la Consulta, eletta di recente, anche su suggerimento del Consiglio direttivo della LCFC, cercherà di studiare nuove strategie per trovare idee vincenti ed avvicinare nuovi appassionati”.
Fare gruppo in un settore dove le prestazioni sono individuali non è facile. Come si prova a far condividere gli stessi obiettivi a delle persone con cui raramente ci si confronta?
“Questo è per me un argomento stuzzicante fin dal primo giorno. Proprio la “diversità” dell’arbitro in un mondo di “gruppi” quali sono le squadre richiede uno sforzo importante per consolidare il settore arbitrale. Il ricorso a riunioni frequenti ma non ripetitive ritengo sia la strada consigliabile, così come l’invito al confronto di esperienze e di pareri riesce a avvicinare elementi abitualmente solitari. In questo senso chi proviene dal mondo amatoriale, come giocatori o dirigenti, riesce a dare un contributo immediato molto importante”.
Molti non sono al corrente che il Settore arbitrale raccoglie ogni anno anche una somma da destinare in beneficenza. Con quale modalità?
“Non esiste una modalità. La donazione è una cosa spontanea e come tale può nascere in qualsiasi momento. Chiunque faccia parte del settore può suggerire una iniziativa di dono o beneficienza che viene condivisa alla prima riunione utile e alla quale ognuno può partecipare. Poi, nei periodi canonici, si formalizza la donazione. L’ultima in ordine di tempo è stata destinata agli aiuti della Carnia”.
Per concludere cosa diresti a una persona che volesse fare il direttore di gara in Lega calcio Friuli Collinare?
“Di non fermarsi davanti agli stereotipi che circondano la figura arbitrale. Certo non è un ruolo semplice o banale, ma può rivelarsi un’esperienza straordinaria dai risvolti insospettabili. Considerato i ruoli che ho fatto nel calcio quello di arbitro è senz’altro quello che mi ha regalato più emozioni”.