Fin da bambino si sono evidenziate le sue capacità atletiche, la coordinazione, e la voglia di emergere nelle attività sportive che praticava. Fino all’adolescenza, oltre al calcio, pratica tanti sport, anche in contemporanea: scherma, basket, tennis, se la cavava egregiamente anche a ping-pong e perfino a bocce (la passione di suo padre). Dai 15 anni si dedica completamente al calcio, gioca a Palamanova e poi a Trivignano dove arriva anche a giocare un campionato dell’allora interregionale. Il lavoro però lo induce a ridurre gli impegni calcistici. Scende di categoria ma non per questo si toglie altre soddisfazioni come vincere il campionato con il San Vito al Torre e nel contempo diventare il bomber di categoria.
Ma Francesco Fabris ha ancora fame di vittorie, e trova nell’ ITA Palmanova (era il 1994 e l’ ITA C5 militava in Serie A) una opportunità per provare a togliersi altre soddisfazioni. Supera il provino sotto gli occhi di mister Pino Milella (che era anche stato Capitano della Nazionale Italiana di Futsal) e per 6anni è parte integrante della Società: 4 anni come giocatore e 2 come allenatore dell’ under 21. Quest’ultimo ruolo lo stimola, gli accende nuovi entusiasmi. Prova a rimanere nel giro allenando il calcetto Manzano in Serie B e nuovamente a Palmanova nella Squadra CBS Varmo del Presidente Roberto Labollita, ma l’impegno, considerando che il lavoro di agente di commercio non glielo permette, è troppo gravoso. Stava diventando una responsabilità troppo stressante e forse, nel suo inconscio, albergava la voglia di tornare a calcare il campo di calcio. Questo impulso gli fa conoscere la realtà amatoriale della Lcfc grazie al Felettis United, squadra in cui gioca per alcuni anni diventando una delle pedine fondamentali. L’aver vissuto tante esperienze sportive fa di Francesco Francesco, una persona dallo spiccato senso di libertà, una persona che sa collaborare e che sa valutare le possibilità che gli si presentano. D’altronde la sua passione per la lettura gli ha forse insegnato a guardare gli avvenimenti da più prospettive, ad analizzarli con la giusta calma focalizzandosi su quello che ritiene indispensabile per il suo benessere. Riflessione che lo ha portato anche valutare un ruolo che non ha aveva mai ricoperto: L’arbitro. La sua disponibilità e affidabilità, assieme alla sua competenza, stanno facendo di Francesco un direttore di gara adatto ad arbitrare le partite della LCFC.
Quali sono le maggiori difficoltà che un arbitro incontri nella direzione di una partita di calcio a 5, disciplina che tu arbitri?
“Le difficoltà maggiori nell’ arbitraggio del C5 sono il fatto che non ci sono tempi morti. Ne consegue che attenzione e concentrazione devono essere sempre al massimo, perché le ridotte misure del campo creano quasi sempre situazioni di contrasti/mischie e ci si deve sempre mettere nella condizione di vedere bene senza venire impallati nella visuale di gioco”.
Il cartellino verde, secondo te, aiuta gli arbitri nella gestione delle gare?
“L’introduzione del cartellino verde è stata, secondo me, una manna per noi arbitri perché come noi possiamo avere la giornata storta, ciò può succedere anche ai giocatori. Quindi se un giocatore non è nella serata giusta lo mandi a farsi la doccia e al suo posto gioca un suo compagno più sereno e tranquillo, senza pregiudicare/alterare gli equilibri in campo”.
L’ultima volta che hai pianto?
“Da alcuni anni a questa parte sono abbastanza emotivo e mi capita di piangere anche guardando un film. Ma immancabilmente mi scendono le lacrime quando, dopo una vacanza in Italia, riaccompagno mia figlia a riprendere l’aereo per tornarsene ad Edimburgo”.
Quali sono gli atteggiamenti delle squadre, nei confronti degli arbitri, che non tolleri?
“Delle squadre e dei giocatori non tollero le perdite di tempo, le simulazioni e gli atteggiamenti da protagonisti”.
C’è qualcuno a cui ti ispiri nello sport e nella vita?
“Nella vita mi ispiro all’ esempio e agli insegnamenti dei miei genitori, che non finirò mai di ringraziare! Nello sport, invece, il personaggio che adoravo da adolescente, tanto da aver la cameretta tappezzata coi suoi poster e articoli di giornale, era Bjorn Borg, il grande campione di tennis svedese che, pur non avendo dei “colpi” e un talento naturale eccelsi, con la sua volontà, tenacia, determinazione e facendo una vita “sana”, ha raggiunto vittorie importanti battendo avversari anche molto più talentuosi di lui.
Prima di arbitrare eri giocatore. Queste esperienze ti aiutano nella gestione della gara?
“Il fatto di essere stato giocatore mi ha senz’altro aiutato tantissimo nell’arbitrare; quando giocavo ero un gran “rompipalle” nei confronti degli arbitri, diciamo che avevo una discreta personalità. Adesso quindi, stando dall’altra parte, credo, modestamente, di riuscire a districare certe situazioni nel migliore dei modi e con molta meno fatica rispetto a quei colleghi che non hanno mai giocato”.