Bruno Colli si affaccia al mondo arbitrale della Lcfc una decina d’anni fa. Quasi per caso. L’ambiente lo stimola, gli crea belle sensazioni. E’ un modo per mettersi alla prova, per testare le sue capacità di relazione, abilità che ha allenato per tutto l’arco lavorativo in una grande azienda di comunicazione.
Qui ha gestito clienti business, ha contribuito a creare linee fluide ed efficienti, imparando come rapportarsi con persone che spesso tentavano di metterlo in difficoltà. Un grande banco di prova che gli è servito poi in tutti gli ambiti della vita. Anche nell’arbitraggio. Bruno è sempre stato un uomo di sport, ha praticato parecchie discipline (paracadutismo, nuoto, corsa e bicicletta), ha fatto per anni l’accompagnatore ufficiale di parecchie squadre dalla seconda categoria all’eccellenza (FIGC), sempre a fianco dell’allenatore. Esperienze dalle quali ha imparato a gestire emozioni, a capire dinamiche di gioco, a resistere agli imprevisti, ma soprattutto ha realizzato che ci si può divertire anche applicando una ferrea disciplina. Infatti, dice di lui, si ritiene caratterialmente equilibrato e curioso ma anche puntiglioso e severo con se stesso. Caratteristiche che cerca di applicare anche quando dirige una gara di calcio amatoriale.
Bruno, credi nella buona fede?
“Quando si parla di buona fede secondo me bisogna sempre contestualizzare. In generale sono propenso a credere nelle persone, anche se non le conosco, ma nel caso di una partita di calcio mi affido al mio intuito”.
L’arbitro deve essere anche un pò psicologo. Ritieni corretta questa affermazione?
“La ritengo corretta. A tal proposito trovo utile che l’arbitro debba avere una predisposizione a capire al volo chi si trova davanti anche se non sempre è facile. Le persone quando entrano in clima gara a volte cambiano completamente carattere”.
Qual’è l’ultima volta che una squadra stava per portarti all’esasperazione?
“Anche in situazioni particolarmente delicate dove giocatori o dirigenti perdono completamente il loro self control è determinante mantenere la calma necessaria per proseguire la gara. Una volta mi è capitato di subire un attacco fisico alla mia persona, ma quel dirigente ha dovuto poi rispondere al giudice sportivo che è stato molto severo”.
Prediligi il dialogo o il cartellino?
“In campo preferisco il dialogo con i giocatori anche se non amo dilungarmi in spiegazioni o chiarimenti, il cartellino lo uso rispettando il regolamento ma con una certa dose di buonsenso”.
Quali sono le maggiori soddisfazioni che hai ottenuto a livello amatoriale?
“Ogni partita è già motivo di soddisfazione sia per la parte prettamente agonistica sia per i rapporti con tutte le persone che vi partecipano. Quest’anno ho avuto la gratificazione di partecipare come arbitro alle finali nazionali Libertas a Rimini, un esperienza che mi ha permesso di conoscere e confrontarsi con nuove realtà.
C’è una partita che vorresti arbitrare di nuovo?
“Ogni partita ha la sua piccola storia e per questo rimane unica e irripetibile”.
Quest’anno la LCFC ha deciso di punire le proteste con il cartellino verde. Ritieni che sia un iniziativa corretta per cercare di limitare l’esasperazione e alimentare il divertimento?
La mia sensazione è che questo modalità di punire le eccessive proteste debba ancora essere ben assimilata da tutti, arbitri compresi. Il tempo ci darà modo di verificare la sua efficacia.
Infine una domanda classica: qual’è tuo sogno nel cassetto?
Spero di poter avere stabilità fisica perché ultimamente qualche acciacco di troppo non mi garantisce la continuità che vorrei, quindi il sogno rimane “star bene”.