Prosegue la collaborazione con alcune strutture che si occupano di medicina sportiva. In questo numero, grazie alla collaborazione del dott. Enrico Salis, parliamo della valutazione corretta di un infortunio.
Nell’ambito della pratica sportiva non è raro che l’atleta subisca un infortunio. L’evenienza di infortuni gravi (fratture ossee, rottura di legamenti, strappi muscolari) è relativamente rara, mentre ben più frequenti sono i piccoli infortuni come stiramenti muscolari, distorsioni, contusioni lievi. Questi ultimi non sono meno importanti dei primi perché una cattiva gestione del problema può portare a un peggioramento del quadro iniziale e a volte all’interruzione dell’attività sportiva anche per lunghi periodi.
Diversi sono i motivi che contribuiscono a trascurare il problema di un piccolo infortunio: forse la ragione principale è una mancanza di una “educazione sanitaria”…. Spesso la presenza di figure paramediche (la maggior parte delle volte fisioterapisti o massaggiatori) che orbitano intorno alle società sportive rappresentano una semplice scorciatoia per gli atleti. La comodità di avere una figura professionale come un fisioterapista che offre un suo giudizio il più delle volte pertinente è indiscutibile, ma non sempre la via più breve è la più efficace. A questo si aggiunga che la sempre maggiore disponibilità di informazioni mediche dai media come su internet può determinare una erronea interpretazione del problema.
Ma allora qual è il giusto iter da seguire dopo un trauma sportivo: innanzitutto deve essere chiaro che l’unico che può fare diagnosi è il medico; diverse sono le specializzazioni che possono indagare su un trauma sportivo (fisiatria, ortopedia, medicina dello sport). Il medico di famiglia può facilitare il paziente nella scelta della specialità più efficace a seconda del trauma subito, considerato che comunque le diverse discipline sono sovrapponibili in diversi punti. In sede di visita specialistica il medico deciderà quali accertamenti, se necessari, siano utili alla diagnosi (radiografia, ecografia muscolo tendinea, risonanza magnetica, Tomografia Assiale Computerizzata, elettromiografia, …). In base ai dati raccolti il medico formulerà una diagnosi e la giusta terapia per il paziente. Per i piccoli traumatismi il più delle volte si risolve tutto con l’ormai conosciutissima strategia RICE, acronimo che sta per Rest (riposo), Ice (ghiaccio), Compression (compressione), Elevation (elevazione dell’arto coinvolto) e con un po’ di buon senso. A volte però può rendersi necessaria anche una terapia in palestra o in piscina con un fisioterapista, o anche una terapia fisica e antalgica (tecar terapia, ultrasuoni, mesoterapia e infiltrazioni) per riportare le strutture muscolo scheletriche nella normalità. Lo sportivo dovrà sempre mettere in conto un infortunio e quindi una conseguente pausa dallo sport più o meno lunga.
Infine riportare le strutture alla normalità non sempre basta, potrebbe rendersi necessaria una riabilitazione allo sport per un corretto ritorno in campo, e cioè riportare l’atleta a ritrovare la coordinazione e la forza per compiere il gesto atletico specifico tramite esercizi specifici con i fisioterapisti o in accordo con i preparatori.
E’ fondamentale quindi che il modo di procedere sia corretto per evitare inconvenienti e per tutelare al massimo la salute e le prestazioni degli atleti. Questo discorso vale a maggior ragione per i non professionisti che non hanno alle spalle un’organizzazione che tuteli la loro salute a 360 gradi.
Pubblicato anche su Tremila Sport del 27/01/2012