Siamo abituati a leggere storie di giocatori, di dirigenti ma poco si racconta di quello che vivono interiormente gli arbitri. Spesso fischiati, talvolta applauditi, molte volte ignorati. Ma anche loro hanno delle emozioni, provano delle sensazioni, si confrontano con grande coraggio di fronte alle squadre. Vivono insomma stati d’animo importanti che spesso devono essere velocemente metabolizzati per non influire sulle sorti di una gara. A volte si creano uno “scudo”, una sorta di pellicola su cui farsi scivolare parole e gesti, ma sono sempre pronti a prendere una decisione in poche frazioni di secondo sapendo che potrebbero scontentare una delle due squadre. Situazioni che si creano in qualsiasi gara dirigano, figuriamoci se poi la manifestazione è a carattere nazionale. E allora perché non andare a conoscere come hanno vissuto la convocazione Emanuele Dose, Francesco Savino, Alessandro Radivo e Danilo Margheritta, i quattro moschettieri friulani che hanno fischiato alle finali nazionali Csen? Sul piano tecnico sono stati apprezzati, le loro prestazioni hanno indotto i designatori ad affidargli una semifinale nel calcio a 11 e la finalissima nella kermesse di calcio a 7. Ma come hanno vissuto questi quattro giorni di Cervia? Chiediamolo a loro. <<Per quanto mi riguarda – racconta Alessandro Radivo – le emozioni sono iniziate quando mi è arrivata la convocazione, inaspettata, da Marcuzzi. Altre si sono susseguite durante il viaggio d’andata. Più strada facevo e più la tensione saliva. Era la prima esperienza, non sapevo a cosa andavo incontro. Ma col passare dei giorni la tensione si è sciolta anche perché ho trovato, un gruppo di fischietti con i quali abbiamo stretto subito amicizia. Percepivi nell’aria quella voglia di darsi una mano, le pacche sulle spalle dei colleghi prima di scendere in campo, le battute nello spogliatoio prima e dopo le partite, i sorrisi e gli scherzi… E che dire del bel rapporto che si è creato con la squadra dell’Ibligine, con mogli e figli al seguito, con i quali abbiamo passato ore spensierate tra una birra (anche due…) e tante chiacchere. E questo credo sia possibile solo qui, nella LCFC, dove ciò che conta è il terzo tempo, il sorriso, e trovarsi per passare del tempo insieme>>. Più sintetico Francesco Savino che insieme al Radivo ha diretto la finale di calcio a 7. <<la mia esperienza è sicuramente positiva, dichiara Savino – ho vissuto quattro giorni intensi dove, considerato la mia giovane età, ho recuperato parecchie sensazioni costruttive, ho vissuto una realtà che non conoscevo. Spero che, in futuro, possa essermi concessa un’altra opportunità. Nella vita sportiva ci sono delle emozioni, difficili da esternare, che sarebbe bello rivivere>>.
>>Tutto sommato – chiosa Emanuele Dose – è stata una bellissima avventura. Se guardo l’insieme posso affermare che nei pre e post partita, si è visto lo spirito di amatorialità che distingue queste associazioni, differenti tra loro per abitudini e aspetti comportamentali. Per quanto concerne il mio settore, quello arbitrale, a parte un primo briefing, dove inizialmente abbiamo percepito la poca uniformità regolamentare rispetto ai vari territori, sul regolamento nazionale csen, poi si è tutto appianato. Successivi dibattiti ed esperienze sul campo hanno certificato il veloce adeguamento degli arbitri. Comunque è una esperienza che mi piacerebbe ripetere perché, oltre alle emozioni date dal terreno di gioco, ho avuto la soddisfazione di rappresentare un gruppo in una realtà nazionale in cui c’è stata l’opportunità di fare conoscenze, e di legare ancor di più con i compagni della sezione di appartenenza>>. E’ dello stesso avviso anche Danilo Margheritta che però evidenzia come la sua designazione gli abbia creato qualche preoccupazione. >> Non nascondo che, appena ricevuta la convocazione mi sono posto alcune domande tra le quali se ero all’altezza del compito assegnatomi. Ma l’occasione era importante e mi sono imposto di mettercela tutta. Una lotta interiore che mi ha tenuto in apprensione per molto tempo. Ma poi il clima amichevole trovato a Cervia ha facilitato la direzione delle gare, il timore iniziale si è dissolto, e ho potuto arbitrare in condizioni di relativa tranquillità. Questo viaggio all’interno di una nuova dimensione, mi ha arricchito sul piano sportivo, e nel contempo, mi ha fatto apprezzare nei miei compagni d’avventura un grande spirito di gruppo e appartenenza>>.
Paolo Comini
Pubblicato anche su Tremila Sport del 23/09/2011